101 M’Arcordo… la carica dei 101, Sheherazade, ovvero il punto della situazione.
Allora sono arrivato al 101nesimo M’Arcordo… e come i famosi cucciolotti dalmati le mie storie son saltate fuori, qualche volta alla carica mentre altre si son mosse lentamente, come negli ultimi mesi. Diciamo che mi son distratto per la via con un altro progetto, ma di questo è presto per parlarne.
Fare un conto esatto non è semplice, per esempio alcuni son cresciuti con lo scrivere, un po’ come quando metti i fagioli secchi a bagno. Si sono susseguiti a puntate mantenendo lo stesso numero seguito da una lettera (a-b-c…). Poi ci sono stati i contributi degli amici e questi sono stati importanti ad allargare il panorama della memoria collettiva, ed io non li ho contati separatamente. Insomma non sono stato un buon ragioniere.
L’amministratore del blog me ne enumera 123.
La supercattivona Crudelia voleva fare una pelliccia con la pelle dei cagnolini; le mie intenzioni sono state molto meno minacciose: solo farne un libro. In molti sono stati quelli che me l’hanno suggerito, e chissà, forse un giorno.
In ogni modo il numero 101 mi piace, ed in confronto alla povera Sheherazade la mia situazione è davvero invidiabile. Al massimo c’è stato qualche amico che m’ha incalzato chiedendomi:
“Ma che fai? Non scrivi piú?”
Oppure:
“Fausto, mi sembra che sei diventato un po’ fiacco. Hai finito gli argomenti? Ecco, perchè non scrivi di…?”
Invece lei, la poverina che ha vissuto in tempi senza televisione, ha dovuto raccontare una storia ogni sera per ben 1001 notti. E guai se sgarrava, doveva sempre trovarne una nuova ed eccitante, ci poteva perdere la testa e non in senso figurato. Ma la bella riuscì ad ammaliare il suo sultano non soltanto con le parole, doveva avere altri argomenti molto convincenti: infatti non solo narrò tutte quelle storie, ma ebbe il tempo di dargli anche tre figli. E proprio grazie a lei Aladino con la sua lampada è arrivato fino a noi, e ha avuto degli ottimi compagni come Ali Babà e suoi quaranta ladroni per indicarne solo alcuni.
Mi posso consolare nel pensare che nel mio piccolo ho ridato ‘na mano de vernice al vecchio Borgo ed ho riportato in vita, almeno per ’na lichina de tempo, certi personaggi lontani che si stavano cadendo nell’oblio. Ma come si fa a scordarsi del Lili e della sua immancabile Lambretta, del maestro Petrucci dalla gran mole che vendeva i libri e che una volta si dipinse le gambe di verde, del sor Marco che ippaccabilmente vestito andava a pescatore i lucci col mi’ babbo (quando io scrissi carpa nel descrivere il pesce che teneva i mano, una valanga di lettori mi castigò per l’errore: ma come era possibile non aver arconosciuto un luccio?), della sig.na Massa e del suo eroico pilota americano (Grande Guerra) che le lanciava rose rosse dall’aereo, lo Sgoluppi che prima di farti l’arsomiglio si nascondeva dietro un panno nero e faceva paura ai cittini e con loro tanti altri.
Amici vecchi e nuovi mi hanno dato suggerimenti, hanno corretto i miei errori e magari proprio una loro parola è bastata per darmi lo spunto per un nuovo M’Arcordo… (Marco con il pastrano) A volte m’hanno aiutato ad artrovare un nome, un evento di cui non ero sicuro. M’hanno fatto conoscere nuovi personaggi come Ulisse, il nonno dell’Aidi, che ancora ci commuove con la sua tragica morte quando mancavano poche ore dalla fine della guerra.
Le storie della mia famiglia hanno avuto un gran ruolo ed in particolare quelle del nonno Barbino che, anche se le sue peripezie non sono state come quelle di Sinbad il marinaio dei sette mari, mi hanno aiutato a rifarmelo sentir vicino ed adesso l’ho fatto conoscere a molti di voi. Forse dovrei seguire il consiglio d’un amico che tempo fa mi scrisse
“Dovresti ribattezzare il nonno: il nome Birbino sarebbe piú appropriato.”
Spesso nello scrivere mi faccio compagnia, strano eh? Non ho la sensazione di scrivere ma piuttosto quella d’arcontare ‘na storia ad un gruppo d’amici, come se se fosse ‘ntorno al foco a veglia, se mangia le castagnole e se beve la canaiola. ‘na sensazione che me pieci.
I numeri sono importanti, hanno un loro potere magico, e dopo aver superato il fatidico cento mi sento soddisfatto.
Quello fu il numero magico di Boccaccio, ed ora ho tutte le intenzioni di superarlo. Ma di quanto? Questo non lo so, vedremo. Non cerco di paragonarmi a lui, in questo momento parlo solo di numeri.
Spero solo di non essere noioso e ripetitivo. Qualche volte non m’arcordo se ‘na storia o un particolare evento l’abbia già arcontato. Chiedo scusa in anticipo per quando succede.
M’Arcordo quando cominciai a scrivere “M’Arcordo…” e come alcuni s’arcorderanno tutto cominciò col mitico Ghiozzo, penso nel febbraio del 2008. Allora pensavo che ne avrei scritto forse un diecina. Dopo pochi mesi verso giugno iniziai il blog. L’obbiettivo era quello di tenerli ben in ordine. Proprio questa mattina il mio sito ha superato le 45,000 visite. Molto di queste sono del tutto causali, ovvero gente che finisce nel mio “M’Arcordo…” con interessi ben specifici. “Le giarrettiere” sono l’esempio piú evidente. Fra le idee che turbinano nella mente di tanti uomini d’una certa età e mi ci includo anch’io, c’e quella della donna, come la famme fatale incontrata nella nave per Ostenda, che arriva all’appuntamento galante indossando le giarrettiere. Tutto contribuisce al mito: forse è la sensazione di scoprirle ancora prima di vederle e poi quella del mal celato desiderio di sganciarne quei magici bottoncini che reggono le calse.
Per esempio se uno fa una ricerca web sulle giarrettiere, con l’obbiettivo di trovar foto di donne che l’indossano, ci sono molte probabilità che la mia pagina salti fuori. L’esploratore internet riane deluso e di certo se ne frega delle mie storie e di quelle del Borgo.
Così succede anche con la “Nina Desnuda” di certo la foto piú gettonata
https://biturgus.wordpress.com/69-m%e2%80%99arcordo-quando-dormivo-%e2%80%99n-cucina/
ed in molti continuano a chiedermi:
“Ma chi è?” ed io zitto.
A suo tempo, chiesi alla Nina il permesso d’usare la sua foto e le mi disse:
“Certo, pubblicala mi piace rivedermi giovane e bella, ma chiamami Nina.”
Suggerisco alle gioveni e belle di farsi fotografare nude? Forse, decidete voi.
Ho notato che molti arrivano su questo sito anche usando l’ortografia spagnola “niña” anche perchè poi c’è lo stimolante aggettivo “desnuda”. Non credo che si lamentino troppo, in fondo la Nina è molto carina.
Molti mi vengono a trovare per che sono interessati nelle “Vespe” ed altri sulla “Fiat 500 Giardinetta.”
Lo scultore Arturo di Modica, quello di cui parlo nel “Toro d’Arturo” è un altro che attira tantissime visite.
Ci sono le storie che mi hanno fatto piangere, quella del nonno Ulisse, dell’ufficiale austriaco, forse anche perchè non le ho scritte io. Ho pianto per il maestro Guerri che ci ha lasciato, come Giovanni descrisse cosi bene, pochi momenti prima di poggiare il piede sul centesimo gradino. E noi che ci preparavamo per fargli festa invece siamo andati al cimitero per brindare sulla sua tomba.
E che posso dire della strega inglese? Quella senza capezzoli. Quel M’Arcordo… suscitò un vero scalpore e generò tanta corrispondenza che pensai giusto farci un’aggiunta. Intervenne anche un amico ginecologo con una lunga spiegazione anatomica del capezzolo invertito. E la tedesca dai capelli rossi che si era offerta a me come un agnello per essere immolata nel sublime sacrificio in una città del nord fredda e nebbiosa? Ed io, meschino, non addentai quel saporito ed appetibile cosciotto. Ed il memorabile incontro con Angelo Fausto a Londra? Quello della ciaccia fritta.
Tutti son ritornati in vita assieme a tanti altri attraverso il miracolo della memoria; i M’Arcordo…, almeno nell’illusione d’un fugace momento, me li ha fatti sentir vicini. Nel ricordarli ho risentito la voce del babbo e quella della mamma, i vecchi odori della cucina della Pieve Vecchia o quello di sigaro toscano stantio che permeava i muri della camera del nonno. Nello scrivere, con delle lunghe pause ad occhi chiusi, ho avuto forse l’illusione di sentire ancora una volta le labbra della Nina sulle mie, di riconoscere il sapore della sua bocca. Emozioni sfuggenti, inreali, ma sempre intense. E poi mi rattristo, si ci sono anche i momenti di malinconia, inevitabili. Metto in dubbio il signifacato di tutta questa piramide di carte che ho costruito, ed in ognuna una storia che mi voglio illudere di far rivivere da lontano nel tempo e nello spazio. É una prospettiva particolare, come se vedessi tutto con un canocchiale argirato e che si sta lentamente annebbiando.
Mi sento come Luciano de Crescenzio che da qualche parte scrisse piú o mene queste parole, il significato della frase è chiaro:
“In questo momento della mia vita mi sento come quando da ragazzo scoprivo che ero arrivato all’ultima settimana delle vacanze, quelle che all’inizio avevo pensato non sarebbero mai finite.”
Ma non ho parlato solo del passato, infatti, con l’aiuto d’amici son riuscito ad organizzare una “Marcia Garibaldina”. Alla fine di luglio del 2009, nel 160simo anniversario della Ritirata di Garibaldi (quella del 1849 da Roma a San Marino, per poi scendere a Cesenatico e perdersi nelle paludi di Comacchio) i magnifici sette e mezzo (Libero, Lapo, Marco, Cristina, Fausto Jane, Pascale, e la fedelissima e scodinzolante Diana nascosta dietro Libero, nella foto si è aggiunto Rinaldo col cappelluccio rosso) ripercorsero in tre giorni la via che va da Monterchi, Citerna, Pistrino, San Giustino fino a Bocca Trabaria. Per la prima volta nella mia vita ebbi l’emozione d’entrare in una piazza a San Giustino e la banda, gli amici dela Filarmonica Francesco Giabbanelli, si è messa a suonare ed un gran folla ci aspettava. Si sono uniti a noi i Garibaldini della Fratta. Appendemmo la corona alla lapide e poi ci fu un bel rinfresco offerto dai Belloni. Mia moglie Pascale non ha dubbi: Paolo è il vero eroe della marcia. Comparve l’ultima mattina, quando era ancora fresco, e si unì a noi dopo la casa cantoniera sopra Monte Giovi salendo verso Bocca Trabaria, ma non venne a mani vuote: rifocillò la truppa con un elegante vassoio di pasticcini deliziosi.
Debbo ringraziare Rinaldo, Corrado, Marcello e tanti altri per avermi aiutato a far diventare una realtà quello che era sempre stato un sogno. E un ringraziamento particolare lo mando ad Elio, il farmacista che venne da lontano per salutarci. Era stato proprio lui che m’aveva indirizzato come procedere nella fase iniziale dell’organizzazione.
Di certo l’aspetto piú positivo di questa mia esperienza è stato quello di ritrovare tanti vecchi amici ed anche farne di nuovi. Ho ritrovato Giovanni A. Giovanni B. ed anche Giovanni D.
“Ma quanti Giovanni conosci?” mi chiede Pascale, che non capisce mai di quale Giovanni stia parlando.
“Si vede ch’era un nome di moda.”
I tre Giovanni mi hanno spronato ed aiutato.
Conoscenze lontane son diventate amicizie ed i loro consigli e contributi sono stati essenziali per andare avanti. Non posso enumerarli tutti senza correre il rischio di lasciare qualcuno/a fuori.
Però voglio menzionare l’Anna del Piazzone, Libero, Enrico, Francesca, Maria V. e Bernardo.
Con il loro aiuto ho sempre trovato le risposte ai miei quesiti.
E per finire chiedo scusa per i miei errori, ci sono quelli di lingua, dopo piú di quarant’anni all’estero qualche volta mi confondo e mi può capitare di pensare in inglese per poi scrivere in italiano.
E dato che questa mia catartica esperienza di scrivano mi ha permesso anche di scaricarmi di dosso anche quello che non avevo mai detto a nessuno (esibizionismo?), vi faccio una confessione: sono dislessico, non grave, ma lo sono. Ero quello che non riusciva ad imparare quale fosse la destra o la sinistra, per non dire del farmi il laccio alle scarpe. Ed i miei frequenti errori d’ortografia ne sono la prova. Leggo e rileggo la stessa frase, la stessa parola e non li vedo, la mia mente vaga da un’altra parte.
I need a good editor!
29 dicembre 2011
Marblehead, MA USA
Fausto Braganti
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