108 M’arcordo… il giorno prima che diventassi maggiorenne.
Io non sapevo che questa foto esistesse e quando l’ho vista per la prima volta pubblicata in Facebook (grazie a Didima) son rimasto sorpreso, anche perché non mi capita spesso di rivedermi senza barba, me la feci crescere definitivamente l’anno dopo. Io sono nella prima il secondo fila da destra. La mamma ed il babbo son seduti proprio dietro di me. Che strano, il babbo che collezionava sempre tutto quello che riguardava la Buitoni questa non l’aveva riportata a casa, chissà perché, ma forse mi son solo dimenticato.
La foto fu scattata nel pomeriggio del 15 marzo 1962, il giorno dopo sarebbe stato il mio ventunesimo compleanno, sarei diventeto maggiorenne. A quei tempi ci si metteva di piú per diventar grandi, tre anni per l’esattezza. Si vede che allora non ci davano tanta fiducia, poi decisero che, ma non ricordo quando, i giovani maturavano prima e che bastavano diciott’anni per raggiungere la maggiore età.
Ma torniamo a quel fatidico pomeriggio, quando vennero distribuite le borse di studio ai figli “bravini” dei dipendenti della Buitoni, ma era già diventata IBP? Credo che quella fosse la prima volta. Eravamo in otto e mi sembra proprio d’essere il piú grande. Con l’eccezione della Marinella seduta alla mia sinistra e Carlo terzultimo dall’altro lato della fila conoscevo gli altri solo di vista e non tutti. Fra i genitori riconosco Bruno della Cooperativa, il primo sulla destra nella seconda fila. Mi domando se ancora si ricordava di quella sera quando tutto tremante gli riportai il rigatone rubato coffessandogli ch’ero stato un ladro ed un bugiardo e chiededogli scusa, in fondo eran passati poco piú di dieci anni.
L’anno prima avevo superato la maturità scientifica con buoni voti ed in autunno m’ero iscritto a farmacia a Firenze, ma di questo ne ho già parlato.
Invece un argomento di cui non ho mai parlato é “La Buitoni”, anche se spesso ho fatto accenni sparsi. Da tempo penso di scrivere un M’Arcordo… sull’argomento in cui poter mettere in ordine i miei pensieri e forse rimando perché credo andrà per le lunghe.
I quegli anni, almeno quelli che ricordo io, dal dopoguerra agli inizi degli anni sessanta La Buitoni era ancora tutto per la mia famiglia e per gran parte di Sansepolcro, diciamo che aravamo in tanti che vivevano in simbiosi. La Buitoni, che oggi avremmo definita una multinazionale, allora era una cosa nostrale, e si identificava anche col Sor Marco Buitoni. Vecchia figura dell’industriale paternalista che sentiva la responsabilità, il suo lavoro era anche una missione verso tutti i suoi dipendenti, il tutto ad un livello superiore al semplice rapporto di lavoro. Forse lui che non aveva avuto figli si sentiva come fosse un gran babbo, e molti dei dipendenti lo consideravano tale.
Ma poi le cose cambiarono, ma questo lo rimando ad un’altra volta, dico solo che i Borghesi si son dimostrati fedeli ed orgogliosi del “loro” stablimento di gran lunga di piú dei Buitoni stessi. Ma adesso torniamo al 15 marzo del 1962.
Come ho detto io studiavo ed abitavo a Firenze, rapidamente mi ero fatto un gruppo d’amicizie e mi trovavo bene, diciamo che m’ero ingranato bene. In casa mia i compleanni non si celebravano molto, diciamo che per qualche ragione non era una festa riconosciuta, forse appena ricordata. Invece i miei nuovi amici avevano programmato una gran festa da ballo proprio per me, questo non era mai successo ed io anche se facevo un po’ lo schivo in fondo ero contento e soddisfatto. Per qualche ragione, non m’arcordo, la data stabilita era proprio il 15, un giorno prima del compleanno. Quando il babbo mi comunicò che dovevo ritornare per la cerimonia della premazione non fui per niente contento, ma perché proprio nel giorno della mia festa? La premiazione era pure una festa si, ma avrei preferito andare a ballere con qualche bella ragazza.
Anche gli amici non furono contenti quendo feci l’annuncio della mia partenza, promisero che ne avrebbe fatta un altra al mio ritorno, ma questo non successe mai.
Partii da Firenze al mattino e ricordo che l’autobus ebbe difficoltà a salire per la Libbia, s’era messo a nevicare!
Ci ritrovammo tutti nel pomeriggio all’ora convenuta nella sala di rappresentanza con le grandi finestre che davano verso il parco: i premiati tutti in prima fila ed i genitori orgogliosi dietro. Avete notato che quasi tutti sono col cappotto? Posso solo immaginare che quella sala era fredda.
Naturalmente il Sor Marco personalmente ci diede la busta con il premio, mi sembra che fosse un assegno di 100.000 lire. Quello era un buon stipendio per un mese od anche il valore di 333 pasti alla mensa, incluso il vino. Niente male.
Il Sor Marco ci fece il discorso, immagino che elogiò il nostro impegno e la soddisfazione che avevamo dato ai nostri genitori e spronandoci a continuare. Discorso prevedibile, da copione, Quello che invece mi colpì, ed infatti lo ricordo ancora, fu il discorso del vestito, e quello fu diretto a noi ragazzi. Ci disse quanto fosse importante presentarsi bene e non solo per l’immagine che proiettavamo verso gli altri, ma anche per amor proprio, per sentirsi sicuri di noi stessi ed il fatto di sapere che quel vestito ce l’eravamo guadagnato col nostro studi-lavoro era di certo un elemento di gran fierezza.
Appena ho rivisto la foto mi son ricordato di quel suggerimento del Sor Marco, infatti lo seguii alla lettera: col babbo andai subito da Dante Trefoloni per scegliere un bel pezzo di stoffa e traversata la strada salii dal sarto Danilo che mi cucì un impeccabile vestito grigio scuro con il gilé. Divenne il vestito ufficiale per andare a dar gli esami. Credo che venne col baule in America e penso che sia ancora là, sepolto in soffitta.
Di storie che mi affascinano ce ne sono tante, ma una in particalore é fra le mie preferite. Nel libro “Il Ponte di San Luigi Re” si narra la storia di 5 persone che all’inizio del settecento fatalmente si trovano a passar sopra un ponte di corde vicino a Lima in Perú. I vecchi cordami inca si spezzano ed i 5 sfortunati che non si conoscono precipitano nel baratro accomunati nella morte. Ma queli sono i 5 sentieri che li hanno condotti a raggiungere assieme quel ponte proprio in quel fatale momento?
Per fortuna non c’é bisogno d’una tale tragica fine per fare delle considerazioni sui destini incrociati. Infatti guardando a noi otto ragazzi e ragazze é inevitabile pensare come siamo arrivati a trovarci seduti tutti in fila aspettando la nostra ricompensa? E poi cosa é successo dopo ad ognuno di noi?
Posso parlare solo di me stesso. Ero io quello che solo 5 anni prima era stato bocciato ed avevo ripetuto la seconda liceo, che vergogna, ripetente! Ma quel pomeriggio anche se ero soddisfatto di quella vittoria, non ero contento, mi pareva che quello non fosse il mio posto. Forse avrei preferito essere a Firenze con i miei amici e sopratutto amiche. Ma questo non lo dissi ai miei.
Il babbo nella foto sembra molto serio, e lo era. Dopo meno di due anni sarebbe andato in pensione e lui non era contento di come le cose si stavano sviluppando alla Buitoni. Quel parternalismo, quella gestione a livello familiare dei cinque fratelli che lui conosceva così bene si volgeva verso la fine. Correvano venti di ammodernamenti ed il babbo aveva capito che lui non sarebbe stato bravo al nuovo gioco.
Lui faceva parte dell’Ancient Régime.
26 maggio 2012, Marblehead, MA USA
ftbraganti@verizon.net
Facebook: Fausto Braganti
Skype: Biturgus (de rado)
Rispondi