(un grazie a Bernardo e a Massimo, che m’ hanno rinfrescato la memoria)
Da sempre sapevo che su a mezza costa, dopo esser entrati nella stretta val d’ Afra e poco prima della forca della Basilica si prendeva la stradina sulla sinistra si saliva fino a Montecasale. E là c’ era il convento con la chiesina, una sorgente d’ acqua freschissima e un pochino più in su c’ era l’ albergo del Pasquini. Montecasale era e credo lo sia ancora una destinazione preferita per escursioni avventurose dei ragazzi e di scampagnate familiari. Queste comincivano a primavera ed erano ideali in estate. Quando al Borgo si moriva dal caldo, ci si muoveva a Montecasale e sotto gli alberi secolari si trovava un po’ di refrigerio. La sorgente con l’ acqua fresca che sgorgava dal greppo era un invito da non rifiutare. C’ erano alter mete nella zona per chi cercava la frescura e per noi ragazzi c’ era la speranza di vedere le citte col bikini ed erano i gorghi dell’Afra dai mitici nomi: la Cadutina, il Cadutone, le Vasche, lo Smeraldino ed infine il Gorgo del Ciliegio (i ricercatori del quaternario hanno prove che anche i nostri lontani antenati non solo ci andavano a fare il bagno ma ci stavano di casa, ivono capito ‘du se steva bene).
Mia madre mi aveva narrato storie, quando lei era cittina, proprio dopo la Grande Guerra, di memorabili scampagnate estive nei giorni di festa. Avevano perfino un cavallo con un carro per trasportare vivande, pentole, piatti e damigiane di vino, allestivano una vera e propria cucina da campo. Ero geloso, volevo un cavallo anch’io, e mi dovevo accontentare della Vespa GS del mi’ babbo, che non era male. In quei tempi lontani tutto il vicinato (via San Puccio e via Santa Caterina), si muoveva come in una transumanza verso Montecasale. Gli organizzatori erano il Callisti (babbo di Adriano) e il mi’ nonno materno Giuseppe Taba (si, di cognome si chiamava Taba, e nussuno mi ha mai saputo dire che cognome sia), ma anche questa è un’ altra storia. La mi’ mamma mi diceva che mangiavano gamberi d’ acqua dolce, ma non si ricordava dove li trovassero, forse nell’ Afra. Massimo mi ha detto di averne visti sul torrente Meta, oltre Bocca Trabaria (quello che poi si unisce al torrente Auro e sfocia a Pesaro col nome di Metauro).
Da ragazzo io avevo invece scoperto Montecasale come meta da raggiungere dopo epiche avventure. Ogni volta cercavamo un tracciato differente, una scorciatoia piu’ veloce e magari piú pericolosa, che poi alla fine era spesso una lungatoia. L’ importante era di non pendere la strada. La prima tappa era quella al convento a salutare i frati, sempre ospitali e gentili. Poi spesso si scendeva lungo un costone di pietra, come una cornice scavata nel lato della montagna, al centro di questo c’ era un rivolo che saltava dall’ alto e formava un modesta cascata: lo Spisciolo, e noi ci si poteva camminare di sotto, nel dietro senza bagnarsi. Mi ricordava la caverna di Zorro, quella dove teneva il cavallo nero, nascosta dietro la cascata. Ci si sedeva e da dietro questo getto d’ acqua si poteva vedere la valle sotto di noi. Era un luogo fraschissimo.
Risalendo ancora lungo la strada si raggiungeva l’albergo del Pasquini, l’ incontrastato “signore” di Montecasale, ma questa è un’ altra storia, lunga!
Bernardo mi ha ricordato:

Vigilia 1966 ma non sicuro, potrebbe essere 1965
(foto in alto – da sinistra) al bivio di Montecasale: Leonardo Carloni con la torcia, Fausto Braganti, Paolo Salvi e Massimo Carlotti (con la mantellina del nonno anghiarese, Prima Guerra Mondiale)
(foto in basso –da sinistra) in piedi: Ezio Berghi, Fausto Braganti, Bernardo Monti,
seduti: Leonardo Carloni, Paolo Salvi (era il nipote di Santino la guardia, ed è morto di malaria a Malindi 10 anni fa)
E per finire: una volta, durante una delle visite al convento, sono dovuto andare al gabinetto dei frati Ne ho trovato uno bellissimo, nuovo e pulitissimo, ma c’ era li, vicino al water, una vecchia sedia di paglia sgangherata con una doppietta poggiata sopra. Inutile dire che la cosa mi sembrò strana, anzi molto strana. Così, appena uscito, corsi subito a cercare uno dei frati per risolvere il mistero. Non ricordo chi trovai e alla mia domanda sul perchè del fucile, questo mi rispose, come se fosse la cosa più normale del mondo, che spesso quando uno era seduto sul gabinetto vedeva dalla finestra degli uccelli, poveri sprovveduti, che si posavano sul ramo d’ un albero di fronte. Non c’ e’ bisogno che dica il resto. Penso che forse sia l’ unico esempio di licite-nocetta!
Marblehead, 18 aprile 2008
I vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Come sempre mi raccomando, scrivete!
Fausto Braganti
ftbraganti@ verizon.net
dicembre 24, 2011 alle 9:22 am |
Effettivamente quello è proprio il mio papà! carino questo blog!!
dicembre 24, 2011 alle 9:48 am |
fra i futuri blog da scrivere ce ne sara’ uno dedicato alle miticche ed eroiche spedizioni a Monte Nerone. Il grande ed indomito esploratore e geologo Leonardo Carloni ci guidava attraverso misteriosi sentieri ed ci spronava a superare pericolossimi ostacoli fino a raggiungere l’agognata meta: uno strato di preziossime AMMONITI che da trecentomilioni di anni ci stavano aspettando!
ed una volta ci perdemmo nella nebbia…
giugno 12, 2012 alle 4:50 am |
commento di Gerardo Gobbi:
“Fin quì avevo “saccheggiato ” i tuoi M,arcordo di queli che pubblicavi giornalmente mentre per caso o scoperto il sito di tutti e ho letto e riletto fino al n.8. Mi trovo meglio a commentarli con questo sistema . Purtroppo ho iniziato a usare il computer in tardissima età(e questo è stato uno dei grandi sbagli della mia vita). Nel n.8 mi sono meravigliato sentire che fra Mansueto da anziano faceva il cuoco.Io lo conosciuto da giovane e faceva il frate cercatore. Passava almeno due volte all’anno alle battitura del grano e a settembre-ottobre alla cerca del formaggio. Portava un sacco apposito con una buca in mezzo e dopo aver messo dentro la merce – metà -circa- per parte- la rigirava e se la metteva a tracolla. Specialmente alla battitura del grano – in piena faticosa allegria veniva preso simpaticamente in giro dagli uomini in fatto di donne e con francescana calma rispondeva o sorrideva.”
giugno 18, 2012 alle 11:02 am |
questo e’ un altro commento che mi ha inviato Gerardo Gobbi:
23 gennaio 1932. credevo che lo sapessi perchè è scritto nelle mie
“informazioni”Ho molti ricordi abbastanza chiari ma ho difficoltà a
metterli per iscritto sia perchè non avendo una base di coltura (
avv/to prof/le ) e dopo il pensionamento 1 aprile 1989 mi sono dato al
volontariato C.R.I per trasporto dei disabili e orticoltura e ho
trascurato lo studio come autodidatta anche se la curiosità del
sapere non è scomparsa , leggendo giornali e riviste di vari colori.
Mi piace sapere il tutto e il contrario di tutto e quindi sono un po
confusionario. Adesso ho preso coraggio e finisco di raccontare quel
fatto di Fra Mansueto che avevo scritto e poi cancellato prima di
inviarti il commento. Tempo della ritirata i tedeschi oltre che minare
punti dove sarebbero passati i loro nemici con i vari automezzi,
minarono anche i nostri boschi con mine artigiane: un barattolo tipo
da conserva da un chilogrammo lo reimpivano con dei pezzi di ferro
polvere da sparo o tritolo( le descrivo come le ho viste all’esterno)poi
un detonante e un filo. Nei stradelli (Viottoli) dove ai lati vi
erano due querciattoli o altri alberelli, da una parte vi legavano il
filo e dall’altra vi adagiavano la mina e la ricoprivano con il
fogliame. Tre pecore le trovammo morte un bue e due persone di cui
mia cugina Giulia che è ancora vivente(91nne) rimasero ferite e un
vitello di otto o nove mesi rimase ferito orbo da un occhio da una
scheggia di latta. Non so perchè crescendo gli venne il muso torto e
non era abile per il pascolo lo accudiva mia madre nella stalla. Era
paziensoso buono e io che ero specialista nel nomare vacche e cani
gli misi il nome di Mansueto.Fra Mansueto per noi era come di famiglia
. Sto allungadomi troppo?..Mio padre vedendo mia madre parlare col
frate le dice :- gliel’hai dato da bere a Mansueto ? il frate e mia
madre risposero in sieme : lui disse si e mia madre : si gliene ho
dato un secchio: Hai capito che soprappensiero aveva invertito i
Mansueti.:comunque aveva abbeverato tutti e due.Mi ricordo benissimo
che non dissero che avevamo nomato un vitello con il suo nome per4ché
sarebbe stato di pessimo gusto.
Ti devo dire che i tuoi ricordi sono molto ben circonatnziati e
precisi . differenzino dai miei solo per piccoli particolari Tu
cittadino io campagnolper non dire montanaro che ai miei tempi c’era un
discreta discriminazione mentre poi dopo la guerra e il boom
economici eravamo invidiati come lo sono mio fratello che abita ancora
li ; alle Casenove di Corposano di Sangiustino.
Tanto che ci so’ nei racconti delle veglie invernali oltre alle
favole e le novelle che poi con il crescere capii che quelle
“osè” provenivano dal Boccaccio e molte altre da Esopo “allungate”
dalla fantasia dei raccontatori vedendo noi bischiri o grulli ad
ascoltarli a bocca aperta. ( a me quando questi comaschi mi dicono cosa
vuol dire grullo gli rispondo che vuol dire bischero oppure
l’inverso e ci facciamo una risata)
Non vi raccontavano anche delle storie di streghe di
visioni notturne ecc? quante paure me son preso!!
gerardo