13 M’ Arcordo… quando s’ andava a ballare

            Mi piaceva e mi piace ancora andare a ballare. 

            Lo capii quando a 14 anni, anche se timido ed imbranato, feci una gran scoperta: ballando potevo tenere una ragazza tra le mie braccia (almeno ai miei tempi si faceva ancora così). Quindi c’era una cosa sola da fare: imparare a ballare. Alle ragazze piace ballare con chi sa ballar bene.  

            ‘l mi’ nonno Barbino, nato nel 1874, mi raccontava che quando era giovane lui, al Borgo c’erano due sale da ballo: una in Via della Firenzuola, quasi all’ angolo di Via Giordano Bruno; questa allora aveva un altro nome, poi gli anticlericali  Massoni del Borgo glielo cambiarono. L’altra sala era nell’ Agio Torto. Chi frequentava una non andava nell’altra, erano come due fazioni contendenti. Occasionalmente c’erano delle escurzioni da parte d’un gruppo nella sala opposta, e spesso finiva a botte, se non a coltellate. Mio nonno continuava dicendo che ai suoi tempi tutti avevano il coltello in tasca ed anche l’usavano.

            ‘l mi’ babbo, nato nel 1904, mi raccontava che lui andava a ballare alla Filarmonica, che era una sala al secondo piano, in un vecchio edificio dietro Santa Chiara. Credo fosse la  stessa sala dove la banda comunale faceva le prove. La gente “bene” ballava al Circolo delle Stanze; poi c’era tutta una stagione di veglioni al teatro Dante: memorabile quello della Pentolaccia, il primo sabato di quaresima.

            Ma veniamo a quello che m’arcordo io.

            Subito dopo il passaggio del fronte ci fu un senso d’euforia. La guerra non era finita, ma dalle nostre parti non c’erano più combattimenti. Era la fine dell’estate del ’44 e si celebrò la pace ritrovata ballando. Ricordo la musica e la gente che ballava sotto le loggie del Palazzo delle Laudi. Forse fu proprio li che qualche soldato polacco incontrò qualche citta del Borgo e se la sposò.

            A Porta Fiorentina, all’angolo Via Aggiunti e Via Girdano Bruno, c’era un orto.  Questo, dopo la fine della guerra e non so a chi venne l’idea, fu trasformato in una pista da ballo all’aperto, lo chiamarono Excelsior (?), mi sembrava un nome strano. Una volta la mia cugina Silvana  venne a trovarci da Gubbio, aveva 20 anni ed era molto carina. Tutta la famiglia andó all’Excelsior, e Silvana fu al centro delle attenzioni dei ragazzi del Borgo, era la gran novitá. Ancora oggi, dopo più di 60 anni, Silvana ricorda quei giorni gloriosi della sua gioventù e dei balli al Borgo. Poi decisero di costruire un vero edificio con il tetto e così si poteva ballava anche d’inverno, ed infatti lo chiamarono Winter Clu. Mi sembra che non durò molto, una volta crolló il tetto. La sala fu chiusa e dopo un po’ divenne il garage del Bastianoni.

            Sempre in quegli anni, forse un po’ più tardi, aprirono il Pozzo di Piero, in Via degli Aggiunti, verso Porta Romana. Anche questo era un orto, quasi di fronte alla scalinata della Fortezza. La pista da ballo era tonda con al centro un pozzo, e le coppie ballando gli giravano intorno in senso orario. E’ forse istintivo andare in senso orario? Come l’acqua del lavandino. Spesso i Lupi di Toscana (78º Fanteria di Scandicci) venivano a fare il campo estivo dalle nostre parti; allora la pista da ballo si riempiva di soldati ed ufficiali. Alcune citte del Borgo impararono velocemente a riconoscere i gradi, volevano ballare solo con gli ufficiali.

            Ho anche un vago ricordo d’un locale da ballo lungo Via del Campaccio, forse si chiamava Randez Vous? 

            Poi finalmente venne il Sobrero! Credo sia stato all’inizio degli anni ’50. Ed e’ durato un bel po’. Era una sala da ballo sulla Via Tiberina, davanti al Tricca dela motta, all’ incrocio con Via del Petreto.  Anni fa a New York incontrai Valter (si, scitto con la “v”, ‘l su’ babbo ed il segretario comunale non sapevano che c’ era anche la “w”) di Monte San Savino; quando seppe che ero del Borgo, la prima cosa che mi disse: “Il Sombrero, che posto! Se partiva dal Monte per andarci a ballare. C’era un sacco de citte! Come s’arcattava!” Quelli de’ fori arcattavano de più de noi.  In inverno era aperto la domenica pomeriggio, così le ragazze ci potevano andare senza troppi problemi; l’importante era ritornare a casa prima di cena. Penso che fosse diffusa la credenza che quando c’era luce non si potessero fare troppi danni.

          Mo’, tocca a me d’andare a ballare.

            Fu un sabato pomeriggio, gennaio del 1956, 14 anni ed ero in prima liceo. Che emozione varcare la porta delle Stanze, mi sentivo grande ed andavo alla mia prima “Festa del Liceo”. Sapevo che questa sarebbe stata differente. Non sarebbe stata una di quelle feste stupidine di carnevale dei citti picini a cui mi avevano portato: adesso ero grande! O almeno credevo d’essere grande: avevo una cravatta vera, non una di quelle con l’elastico, ed i capelli lisci e lucidi di brillantina.

            Le citte, alcune coi capelli cotonati, erano sedute sui divani lungo i lati della sala quadrata, in attesa. Erano sorridenti e ridacchiando certo facevano commenti su di noi ragazzi impacciati.  Appena l’orchestra si metteva a suonare noi ci avvicinavamo chiedendo di ballere. Non fu facile chiedere il primo ballo. Loro sorridevano, si alzavano ed ecco il gran momento: erano vicine vicine, nelle nostre braccia. Mi sentivo goffo, imbranato ed inesperto, ma poi scoprii che le ragazze, che ne sapevano molto più me, erano gentili e mi insegnarono a ballare.  

            Dovetti aspettare un anno prima di andare ad un’altro ballo, la prossima festa del liceo. Poi cominciarono le feste in casa di amici, ancora avevamo dischi a 78 giri con grammofoni a valigietta, la stereofonia non era arrivata. Le feste in casa, se riuscivamo ad avere a disposizione una stanza senza genitori in giro, potevano diventare inressanti, ma questo avenne anni dopo, verso la fine del liceo.

Anche se verso la metá degli anni 50 era arrivato il rock and roll e si ballava contorcendosi e senza contatto fisico, l’obbiettivo rimaneva quello di mettere un disco con la musica lenta, molto lenta e con la ragazza giusta fare il ballo del mattone. Era emozionante sentirla cosi vicina, il seno che premeva sul mio petto, sentire la pelle della sua guancia destra strofinarsi sulla mia, odorare il suo profumo. Se poi sentivo che si lasciava andare alla mia stretta magari osavo darle un piccolo bacio nell’orecchio. Che emozione, specie quando sentivo che anche lei rispondeva all’abbraccio.

            Dove oggi c’è il ristorante albergo “La Balestra” c’era allora una stazione di servizio OZO. Il gestore aprì un ristorante che veniva identificato con lo stesso nome. Nel dietro aprirono una specie di caffè con pista da bello all’aria aperta, la musica veniva da un juke-box. In estate si poteva ballare tutte le sere. Ricordo le canzoni americane di Paul Anka* e The Platters**. Qualche volta c’era, se andava bene, anche il vantaggio di riaccompagnare la ragazza a casa, magari per una stradina buia, e li ci scappava qualche bacio vero.

            L’evento storico dell’ OZO fu una grande scazzotata, con tavolini e sedie che volavano, sembrava d’essere in un film western. Penso che sia successo nell’ estate del ’60. La storia è più o meno questa. Una sera sono venuti dei ragazzi d’Arezzo e sembra ci sia stato un piccolo litigio con alcuni del Borgo. Questi se ne andarono promettendo di ritornare. Infatti ritornarono due o tre sere dopo. Avevano anche reclutato vari amici organizzando una spedizione punitiva. Arrivarono con diverse macchine, forse erano una ventina di ragazzi; sono entrati nella sala da ballo con la chiara intenzione d’attacar briga e ci riuscirono. In pochi minuti fu una scazzotata generale. Il gestore incazzatissimo per i danni, utilizzando un tubo dell’acqua del lava macchine comminciò ad annaffiar tutti, sperando di calmar gli spiriti. Poi intervenne la polizia. La sirena ne aveva annunciato l’arrivo e, ancora come nei film, ci fu un fuggi fuggi generale. Credo ci furono degli arresti ed alcuni finirono all’ ospedale. Credo quella fu l’ultima volta che si ballò all’ OZO.

            La festa più importante rimase quella del Liceo, e spettava a quelli della quinta la responsabilitá di organizarla. Gianfranco, Paolo ed io trovammo l’orchestra, affittammo la sala del Sombrero, stampammo gli inviti, facemmo la domanda per avere il permesso della Pubblica Sicurezza e le carte necessarie per pagare i diritti d’autore. La festa andò benissimo, venne tanta gente, quasi tutti i professori e facemmo soldi, abbastanza soldi per poi pagare la cena d’addio a tutta la quinta, alla fine dell’ anno scolastico. Ho una confessione da fare: mettemmo in tasca un gruzzoletto. In fondo ce li eravamo guadagnati, avevamo lavorato molto per il successo della festa. Per prima volta in vita mia mi comprai con i miei soldi una camicia, era bianca con sottili righine verdi. Ogni volta che la mettevo mi sentivo orgoglioso, era la mia!   

 

 

 

Festa del Liceo, gennaio 1960 al Sombrero.

 

          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Casteleni venivano alla nostra festa e noi s’andava a Castello alla loro: la Festa del Liceo Classico. Mi sembra si tenesse in un circolo, simile alle Stanze, ma non ne ricordo il nome. Una volta conobbi una che mi piaceva tanto, de Trestina, faceva le magistrali, ma non ci fu seguito.

            Poi c’erano i veglioni, ne ho giá parlato un po’ quando ho raccontato del Teatro Dante. Il più importante, elegante e prestigioso era il Veglione dell’Edera, organizzato dal Partito Repubblicano. ‘l mi’ babbo diceva “I repubblicani hanno più gente al veglione che voti all’elezioni” Penso che lui fosse uno di quei pochi.  Le signore volevano farsi vedere che erano ancora belle ed attraenti e le signorine volevano farsi vedere, con la speranza d’incontrare l’uomo giusto. Il titolo di Miss Edera era ambitissimo.

 

 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Veglione dell’ Edera, febbraio 1963 al Teatro Dante. Miss Edera Anna Galardi.

 

 

Gli organizzatori in varie occasioni riuscirono ad ingaggiari cantanti al momento famosi. Ricordo che una volta venne Tony Dallara(***).  
L’omnipresente fotografo Soriente era sempre pronto a farti la foto con le celebritá.

Poi anche i Balestrieri decisero che dovevano fare il loro veglione, ma questo non riuscì mai ad avere lo stesso prestigio dell’altro. La domanda a cui non ho mai avuto risposta: perche’ i balestrieri, che poi erano quasi tutti repubblicani, vollero avere il loro veglione?

 

  

Un evento di gran lusso fu il veglione con cena in platea per l’ ultimo dell’anno 1965, organizzato dal Colonnello Monti per l’Accademia dei Risorti proprietaria del teatro Dante, che era stato recentemente restaurato. Per me quella fu, senza saperlo, la festa d’addio.

‘l mi’ babbo per l’occasione mi comprò lo smoking, e questo fu il suo ultimo regalo, morì 5 giorni dopo.

Poi me ne andai e non posso parlare dello Scorpione. A me rimangono solo le memorie e un po’ di malinconia.

 

  

 

*Paul Anka

    Diana

http://www.youtube.com/watch?v=fuTbB-d12A0

 

** The Platters

     Only You (canzone ideale per pomiciare, da metter alla fine della festa)http://www.youtube.com/watch?v=ZEe4zMBQlaQ

 

***Tony Dallara:

     Brivido Blu e Come Prima

http://www.youtube.com/watch?v=FgfW5UpxSzg

http://www.youtube.com/watch?v=Yx7ezC50ErA&NR=1

 

 

 

23 agosto 2008, Marblehead, MA USA      

I vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete! 

Fausto Braganti      

ftbraganti@verizon.net

2 Risposte to “13 M’ Arcordo… quando s’ andava a ballare”

  1. biturgus Says:

    GRAZIE Giovanni per i tuoi commenti!
    mi hai ricordato i nomi di tanti cari!
    E’ m’ ero scordeto ‘ l terrazzo dell’ autostazione.Questo prova che ho bisogno di tutti, GRAZIE!
    Felix aveva gran ditoni e faceva ‘l pianista, poi s’ alzava prendeva il microfono e cantava imitando la voce roca d’ Armstrong!
    ‘Il pezzo forte alla tromba del Bigoni era il Carnevale di Venezia di Paganini…poi mi sembra di ricordare che lui ando’ a Parigi?
    Penso ci sarebbe da scrivere un libro!
    Ti prego scrivi, son sicuro che con la tua esperienza, ‘l tu’ babbo, ‘l caffe in piazza puoi far rivivere tutta un’ epoca.
    Tu puoi veramente scrivere un libro, e per farti sentire colpevole se non lo fai ti dico che hai un dovere morale.
    titolo: “‘l Caffe ‘n Piazza” oppure “‘l Caffe d’ Angiolino”
    ciao,
    Fausto

  2. marta Says:

    Caro Fausto, non facevo parte, penso sopratutto perché troppo bamboccia, delle combriccole che andavano a ballare a quei veglioni e a quelle feste, ma ho riconosciuto nella seconda foto mia sorella Paola. Non so se vorrà contattarti o se l’ha già fatto.Te la ricordi? Leggo il tuo blog, mi piace, anche perché ho pochi ricordi del Borgo, anche se vi ho ancora amicizie e veri affetti (pur se poco frequentati) e quello che racconti mi aiuta a ritrovare un poco del mio mondo lontano, che non so far riaffiorare con la giusta serenità (e forse per questo si nasconde).
    Ciao
    Marta

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