22 M’Arcordo… AR 9999

AR 9999 era la targa de la machina del Ricci, ‘l babbo de Massimo e de la Paola, non m’arcordo come se chiamasse di nome. Un targa così non si puó dimenticare. Penso che eravamo verso il 1950. ‘l mi babbo, come al solito era quello che raccontava tutte le storie, quella volta me disse che al Ricci avevano chiesto se volesse quella targa o AR 10000, e lui aveva scelto quella con tutti quei 9. La macchina era ‘na Fiat 500B Giardinetta Belvedere, credo fosse un’evoluzione della Topolino, ma sembrava ‘n pochinino più grande. Le fiancate credo fossero proprio di legno.  Era un’imitazione economica, molto economica, delle grandi macchine dei signori di campagna, quella che gli inglesi chiamano Woody. I Buitoni mi sembra ne avessero una, forse era una Lancia Aurelia Giardiniera..

De machine al giro alora ce n’eran pochine. Ce l’avevano i signori, i dottori, gli avvocati e quelli che ne avevano bisogno per lavorare, come qualche rappresentante. E molte delle macchine in giro erano ancora de prima della guerra come le Balilla. Il Dottor Moriani ne aveva una, il Dottor Cavalli aveva la 1100.  Questo e’ quello che mi sembra di ricordare. C’era anche ‘na machina con le rote coi raggi de legno percheggiata spesso in Piazza Garibaldi, acanto a Via Buia, me sembra d’arcordarme che fosse d’en prete: oggi sarebbe ‘na machina da museo.  C’erano ancora macchine colle bombole di metano sul tetto, ma queste non sono andate a Pechino.

La grande utilitaria di quei tempi era la Topolino. Avevano iniziato a produrla prima della guerra, poi era continuata credo fino agli anni ’50.

Mrs. Harrison era una signora americana di Marblehead, dove abito io. Nel 1937 era andata a vivere a Rome con il marito ancora studente d’architettura. Lei mi raccontava, con un senso di gran nostalgia di quei bei tempi romani e della loro Topolino e delle gite alla scoperta dell’Italia. Mrs. Harrison si ricordava anche d’aver visto Mussolini durante una parata. Poi si trasferirono a Berlino, e li videro Hitler. Non ho mai incontarto nessuna altro che li avesse visti tutti e due. Nel 1939 si resero conto che in Europe le cose stavano cambiando e tornarono a casa, appena in tempo. Conosco il figlio Pic Harrison, questo soprannome è l’abbreviazione di “piccolo”, infatti lui e nato a Roma. Ancora oggi la gente lo chiama così.

Nella mitologia delle macchine del Borgo ho sentito dire d’un Buitoni, uno d’un altro ramo, credo che fosse quello che si fece restaurare il castello di Montedoglio, che aveva una favolosa Isotta Fraschini. I signori non guidavano, avevano l’autista, era l’evoluzione del cocchiere.

‘l Sor Marco Buitoni aveva una Lancia Artena nera, una macchina imponente degli inizi anni trenta, e come tutte le Lancia di quei tempi aveva la guida a destra. Ma nel garage Buitoni c’erano altre macchine. Avevano il garage accanto allo spaccio aziendale, quasi di fronte al vecchio ingresso, quello con la pesa di lato, ma dall’altro lato della strada. C’erano gli autisti meccanici che, quando non guidavano; erano sempre occupati a pulire e a controllare le vetture. Chi non si ricorda il Giommoni? Lo stile manageriale del Sor Marco era quello di generoso paternalismo. Noi la machina non ci s’aveva, ma quando ne avevamo bisogno, ‘l mi’ babbo gliela chiedeva. Per le grandi occasioni, matrimoni e funerali, avevamo a disposizione l’Artena con l’autista. Era felicissimo d’andare in macchina, ma quell’automobile mi sembrava cosi vecchia, assomigliava ad un carro funebre. Nel 1959 siamo andati a Livorno con questa, ma nel 1960 siamo andati a Gubbio al funerale del mi’ zio Angelo con la nuava e fiammante Fiat 2100: finalmente il Buitoni aveva rinnovato la flotta. Mi domando dove è andata a finire l’Artena, speriamo sia sopravvisuta allo sfascio.

Ritorniamo al dopo guerra. ‘l mi babbo aveva una motocicletta: una vecchia e decrepita Ganna 500. Ricordo il cambio a mano, mi sembra sul lato sinistro del serbatoio. Credo che la targa fosse sui 4mila. Non era una moto prestigiosa come la Moto Guzzi 500, quella col volano cromato, che quando era in moto sembrava un trattore Landini monocilindrico. Quella del mi’ babbo aveva sempre ‘n sacco de problemi, se rompeva sempre. M’arcordo le madonne de ‘na volta che la dovette zeppare dal cimitero fino a casa: era pesa. Ce n’era solo un’altra in giro, e me sembra che avesse ‘na targa con tre numeri, ed era del Tricca, ‘l babbo d’Enzo, detto Tacchino.. Prima della guerra mio padre aveva avuto una Bianchi Freccia d’Oro. Ma non so che fine abbia fatto;credo che fosse stata meglio della Ganna.

Come ho già detto di macchine in giro ce n’erano poche e cosi problemi di traffico erano quasi inesistenti. Al Borgo non c’erano sensi unici che mi possa ricordare e si poteva parcheggiare ovunque. Si poteva guidare in Via XX Settembre, meglio conosciuta come Via Maestra e anche il Corso, in tutte due le direzioni e a tutte l’ore. C’erano due pompe di benzina, quelle con la leva per pompare, o forse erano tre. Quella che ricordo bene era all’angolo di Via XX Settembre e Via Piero della Francesca, detta Borgo Nuovo, all’altezza della bottega del Fabbri.

Ed io volevo guidare, ma non avevo ancora 18 anni e non avevamo neanche  la macchina, ma ‘l mi’zio Ciuchi ce l’aveva. Era un furgone Lancia Ardea grigio. Lo zio Nello vendeva sapone, liscivia e varichina imbottigliata in vecchie bottiglie di birra e faceva il piazzista fino a Perugia. Lo zio Angelo aveva una vecchia FIAT 1100, ma lui stava lontano a Gubbio. Un giorno, penso avevo 16, andai col mi’ cugino Mario a portare un po’ di roba all’appalto de la Motina. Quando fummo dalle parti di Viajo lo convinsi a farmi guidare. Che emozione, mi sentivo così grande. Quando ho parcheggiato davanti alla bottega avrei voluto che tutto il Borgo fosse li e mi vedesse scendere dal lato del guidatore, a destra nella Lancia.

Quando seppi da Carlo Bertuzzi, che andava a studiare in America, per un anno, che là si poteva prendere la patente a 16 anni, sarei voluto subito partire. Ma poi cosa ne avrei fatto della patente? Non avevamo macchina. In fondo, anche se mi lamentavo, ero contento: avevo la Vespa, meglio un Vespone GS.

Poi, come sempre, ‘l tempo passa implacabile e anch’io compii 18 anni. Credo che proprio allora ‘l babbo cominció a pensare di comprare l’automobile. Era l’ora d’andare da Valentino, sinonimo per Scuola Guida dal Boninsegni. Valentino aveva già insegnato a guidare a mezzo Borgo continuava con sorrisi ed aneddoti ad insegnare a quell’altra metá. Andavo a scuola nel pomeriggio, e con me c’era un mio vecchio insegnante. Ricordo anche un altro, che ci raccontava sempre le sue avventure amorose; sembrava che fosse andato a letto con tutte le donne fra Firenze e Perugia e non era timido nell’aggiungere i dettagli piu interessanti. Ebbi cosi lezioni d’educazione sessuale e queste vennero gratis. Con me c’erano i miei compagni di scuola Paolo Massi e Paolo Mariucci. Le lezione di guida erano quasi sempre entro il Borgo, spesso usavamo una 600 senza muso, che sembrava un pulmino. Questa esperienza è stata importante, ho allora imparato a guidare ovunque, meno che al Cairo o a New Dehli.

Prima c’era l’esame orale e poi si faceva quello di guida. Dovevamo sapere un sacco di cose, oltre il nuovo codice della strada, si studiava anche il motore. Valentino ci insegnava di tutto, anche quello che dal punto pratico non l’avrei mai fatto: per esempio come cambiare le bronzine nel mezzo del deserto della Libia, mentre gli inglesi ti prendono a cannonate. L’anno scorso quando sono andato ad El Alamain ho pensato anche a lui. Non mi ricordo l’esame orale, ma so che andò bene. Poi dovevamo fare quello di guida. Per questo ogni sabato veniva d’Arezzo l’igegnere ed era sempre severissimo, e noi avevamo tutti paura. Più di essere bocciati, la paura era di fare una figuraccia davanti agli altri. Cosi arrivò il sabato quando i due Paoli andarono a far l’esame di guida, ebbero il permesso d’uscire da scuola un paio d’ore prima. Io mi sentivo tranquillo, avrei dato l’esame il sabato successivo. Durante la lezione di scienze, avevamo il professor Bistarelli, qualcuno bussò alla porta: era Paolo Mariucci.

“Mi scusi professore, ma Valentino vorrebbe che Fausto Braganti venisse a fare l’esame”

“Valentino? E chi e’ Valentino?” ‘l professore era de Cerbara e parlava Casteleno e non lo conosceva. “Esame? Ma l’esame de che?”

“L’esame di guida, professore. C’era uno che non e’ venuto, allora Valentino vorrebbe che ‘l Braganti prendesse il suo posto.”

“No, no…. ho l’esame sabato prossimo!” ho cominciato a dire. Era la prima volta in vita mia, che sarei voluto rimanere in classe.

“Braganti, vai..vai!” diceva il professore, e Paolo insisteva che Valentino mi voleva e così malvolentieri andai a fare l’esame di guida. Avevo una gran paura. Valentino era lá e ci disse che l’ingegnere quel giorno doveva tornare ad Arezzo presto e che saremmo montati in un paio di macchine e l’avremmo seguito e avremmo fatto l’esame lungo la via.

Non credo che nella storia della scuola guida ci sia mai stato qualcuno che abbia avuto un esame piu facile del mio. E impossibile! Mi son messo alla guida a Santa Fiora, prima la freccia e poi son partito e ho guidato per la dritta verso Anghiari fino a Mezzavia, ho rimesso la freccia e mi son fermato: passato! Ed allora a Santa Fiora non c’era manco la rotatoria. Così ho preso la patente, mi sentivo grande, ma la macchina non ce l’avevo.

Il mio amico Luigi Bertuzzi, il fratello di Carlo, veniva al Borgo ogni estate da Bologna per stare con l’omonimo zio, che abitava giù per il Viale della Stazione, davanti al Baschetti. Lo zio aveva un magazzino di materiale per costruzioni e con lui lavorava Carmelo, ‘l babbo de Franco Trappoloni. Anche Luigi aveva come me preso la patente e come me non aveva macchina. Lo zio Luigi era bravo e buono, cosi un giorno dell’estate del 1960 ci fece un gran regalo. Avrebbe noleggiato per noi una macchina dal Bastianoni cosi sarebbo potuti andare a fare il bagno alla piscina di Fontecchio, che avevano aperto da poco, sopra Castello. Ma il Bastianoni non voleva dare la macchina a du’ citti come noi, cosi Carmelo venne con noi. Luigi guidò all’andata ed io al ritorno. Mi sembra fosse una FIAT 1400. Fu una gran domenica, e non solo feci il bagno in piscina per la prima volta, ma c’era anche una pista da ballo con l’omnipresente orchestra di Felix Chimenti.

Un paio d’anni dopo arrivò la 500 e con questa potevo invitare qualche citta a fare una gita in macchina. Nella 500 non c’era molto spazio e se l’interesse era reciproco, dovevamo usare tutte le nostre qualitá contorzionistiche.  E proprio durante una di queste gite per la via di Bocca Trabaria mi “distrassi” con ‘na citta di Castello mentre guidavo, così ebbi un incidente mentre Giulino era molto distratto di dietro, . Non fu semplice spiegare al mi’ babbo quello che era successo, senza andare nei dettagli.

Poi comprammo una 850 rossa, che venne con me a Londra, ma forse per ora  è meglio smettere quì.

Di quegli anni ho un ricordo proprio qui America. Angelo è un carrozziere ad East Boston, pochi anni fa ha ritrovato dalle parti di Baltimora una Topolino B, 1948. Voleva rimetterla a posto, ma non c’e riuscito, cosi l’ha messa sul tetto del garage.

 

 

 

 

   

15 ottobre 2008, Marblehead, MA USA 

I  vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete!

Fausto Braganti      

ftbraganti@verizon.net

3 Risposte to “22 M’Arcordo… AR 9999”

  1. giuliana casi Says:

    Che bello, Fausto, sentir evocare personaggi di cui da tempo non sentivo più parlare! Valentino, che è stato anche il mio istruttore di guida, il professor Bistarelli che è stato anche il mio professore di scienze, oltrte che preside quando frequentavo il Liceo, Carmelo Trappoloni che tra l’altro era mio cugino, i tempi in cui si poteva girare con la macchina per la via Maestra e soprattutto parcheggiare in piazza Torre di Berta (queto in realtà si è potuto fare fino a metà degli anni ’80). Mi dici che non eri mai stato in Piscina,pensa che i Buitoni avevano una piscina, perchè mio zio (classe ’26) che era amico di uno dei figli andava spesso in piscina da loro, intorno agli anni ’40, non credo che nel’60 l’avessero smantellata . Non parliamo poi della mitica 500 che ci faceva sentire grandi anche se era “una scatola di sardine”. Pensa che è stata la mia prima macchina a vent’anni e che me la sono comprata con i soldi di una borsa di studio era una 500L blu, che avevo istoriato con le calcomanie a fiori di Fulgenzi che aveva il negozio al Ponte Vecchio a Firenze; sicuramente l’avrai visto quando eri all’Università. Queste rievocazioni sono proprio corroboranti, complimenti!

    • Fausto Braganti Says:

      Son contento d’aver rinfrescato il ricordo di tanti personaggi che sono ancora mitici per tanti di noi, e non solo! Infatti spesso non solo sono stati i nostri dispensatori di conoscenza, ma dei veri maestri di vita.
      A proposito della piscina, forse quando parli dei Buitoni ti riferisci alla piscina della Villa Fatti? Infatti Giuseppe Buitoni (quello che poi ando’ a Parigi) ha abitato nella villa, presa in affitto, proprie in quegli anni che tu hai menzionato (poco prima della guerra). Durante il passaggio del fronte estate ’44. fu requisita dai tedeschi. In ogni modo nel dopo guerra mi pare che la piscina era tenuta spesso senz’acqua. Il fattore Trivella era sempre alle prese con i clandestini che venivano a farci il bagno. Poi verso la fine degli anni ’50 son diventato amico con la Paola Trivella e quest’amicizia si e’ anche rafforzata quando siamo andati al Cesare Alfieri (scienze politiche) a Firenze, Allora la piscina era stata ripulita e funzionale e ricordo il refrigerio dell’acqua fresca in certi giorni assolati d’estate. E allora si rimandava lo studio! Mi domando cosa e’ successo alla piscina dopo la calata della Nestle’? quella che ha inventato la Casa Buitoni. C’era anche il campo da tannis. E l’ultimo grande evento prima che passasse a Dino Carsughi fu il gran matrimonio di Paola Trivella nell’agosto del 1969.
      Aneddoto: quella fu l’estate in cui incontrai Nancy (americana), che poi avrei sposato a marzo dell’anno successivo, e con lei fui invitato al matrimonio. Dopo la cerimonia ci fu un gran pranzo nella villa nella grande sala, quella con la pannellatura di legno scuro. A parte gli sposi, Nancy fu la gran novita’ e lei stuzzico’ la curiosita’ di tanti amici. Tutti volevano sapere chi era quella ragazza alta e dai capellil lunghi e scuri, e fra questi ci fu Bruno, il giardiniere. Quando capi’ ch’era la mia fidanzata, comincio’ ad elogiare la mia famiglia e che lei si sarebbe sposata con una persona brava e rispettabile. Gli elogi, sembrava che gli avessi dato una mancia, continuarono ed in particolare nei confronti di mio nonno, esempio d’onesta’ ed integrita’ professionale ma poi alla fine Bruno disse con un gran sorriso sornione piu’ o meno cosi’: “Signorina le auguro solo che Fausto non abbia preso dal nonno una cosa, il Barbino era birbo, e birbo parecchio” e poi piu’ a bassa voce rivolgendosi a me “la tu’ nonna ce n’aveva tanti, come ‘n paniere de lumeche”. Nancy parlava e capiva bene l’italiano non comprese i commenti di Bruno, per fortuna. Io le fece una traduzione approssimata e non ci fu nessun incidente, diplomatico!

  2. marta Says:

    GRAZIE!!! Devo avvertire mia sorella di questo bel racconto. Tra l’altro abbiamo ovviamente delle foto in cui ci siete tu e Nancy. Vorrei inoltre sottolineare una cosa……se non era per me col cavolo che ci facevate il bagno in piscina! Tutti gli anni cominciavo a fine scuola a pregare babbo di riempire la piscina con l’acqua del lago (con la pompa che serviva per l’irrigazione) perché l’acqua della sorgente era gelata . Al babbo sembrava inconcepibile sprecare tempo, lavoro e nafta per i nostri divertimenti, ma io arrivavo a sfinirlo e Bruno era anche in questo frangente un prezioso alleato, custode fidato dei miei giochi di ragazzina. Solo per questa mia paziente opera di persuasione potevate rinfrescarvi, cari miei!! Bruno è una delle persone che èpiù ho amato nella mia infanzia. Ricordo una sua imprecazione, usata spessissimo data la mia turbolenza ” Dio de’ cetti ” invocando con ciò benedizioni divine su di me ragazzina che avevo talento nel fare guai!

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