31 M’Arcordo…… la festa de San Rocco davanti al giardino

M’Arcordo…… la festa de San Rocco davanti al giardino

 

All’inizio di questa avventura, ovvero quando scrissi il primo articolo per “M’Arcordo”, parlai di memoria individuale e di memoria collettiva e della concezione ciclica della vita, che in qualche modo regolava la mia vita come quella dei miei concittadini. Durante l’anno c’erano degli appuntamenti precisi ed attesi. Non per caso il mio primo “M’Arcordo” fu dedicato proprio alle Fiere di Mezzaquaresima, uno di questi eventi ciclici così tanto attesi.

Inoltre molti dei miei M’Arcordo si riferiscono a tempi prima della televisione, l’idea del computer, dell’internet, era lontana come la luna. My Space e Facebook esistevano solo incontrando di persona parenti, amici e conoscenti. Certi eventi erano le grandi occasioni di festa, anche se poi alla fine erano un ripetersi di quello che era successo l’anno prima.

Avevamo la radio, ma di questa ricordo ben poco, eccetto che ‘l babbo ed il nonno ascoltavano il giornale radio. C’era quello del tocco e quello delle otto di sera, uno per pranzo ed uno per cena, e tutti dovevano stare zitti. Ricordo benissimo la Guerra di Corea, poi i francesi in Indocina. Forse avevano sempre paura che scoppiasse un’altra guerra. Infine ‘l babbo, diventato un cinico qualunquista ed ancora memore della propaganda del regime a cui aveva rispettosamente creduto per 20 anni,  diceva che tutti raccontavano balle, e dovevamo ascoltare i giornali radio degli altri. Alle 19:15 c’era Radio Monte Ceneri, quello della Svizzera italiana, poi c’era Radio Mosca, portavoce comunista. Concludeva che fra i tre forse aveva un’idea di quello che era successo per davvero. Per me era tutto lontano e sconosciuto, io conoscevo solo il Borgo, Gubbio e Riccione, non mi piaceva andare a scuola ed aspettavo le fiere e le feste.

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La Festa di San Rocco veniva celebrata il pomeriggio del 16 d’agosto in via degli Aggiunti davanti alla chiesa del santo, dove la stada si slarga on po’, difronte al giardino Piero della Francesca. Credo che mia madre mi ci abbia portato sin da quando ero piccolissimo, ‘l mi’ babbo non ci veniva mai. Questo era uno degli eventi, come le Fiere, che attendevo con tanta impazienza. Poi arrivava una mattina d’estate e mia madre mi annunciava:

“Oggi si va alla Festa di San Rocco!” ed io ero contentissimo: l’albero della cuccagna, il tiro alla fune, ma sopratutto “La Bigoncia” con l’oca dentro, questa era la gara che mi piaceva di più. Penso che contavo i minuti e domandavo in continuazione:

“Quando se va?” L’attesa mi sembrava sempre troppo lunga.

Quando si giungeva dalla rampa che saliva su da Piazza Garibaldi la 1963-8-san-rocco-18prima cosa che vedevo era la fune tesa attraverso la strada con al centro la famosa bigoncia piena d’acqua, ma ancora non c’era l’oca. Da un lato di questa tinozza era stata inchiodata una tavoletta con in fondo un foro, questo era l’agognato bersaglio da in infilzere con la punta d’una lunga asta ed il premio era l’oca stessa.

Noi s’arrivavamo sempre presto, c’era modo di incontrare tanti amici.  Si girava anche per il giardino dove era stato piantato per terra un gran lungo palo, che sembrava il mitulo d’un pagliaio. I cima a questo venivano appesi i premi: salami, salsiccie, mi sembra che un anno c’era anche un povero pollo vivo, con la testa ‘n giù. Un uomo aveva un barattolo pieno di sugna, e con un pennellone imbrattava tutto il palo per renderlo scivoloso per chi avrebbe cercato di salirlo; avrebbe anche insugnato tutti i vestiti. “Chissá come gli grida la su’ mamma quand’artorna a casa!” pensavo io.

Si visitava la chiesa e ci si fermava  davanti a San Rocco per una piccola preghiera, questo era un santo simpatico, mi piaceva, lui aveva il cane.  Credo che gli organizzatori della festa fossero, e lo sono ancora, i Confratelli della Misericordia. Vendevano anche dei piccoli panini, detti di San Rocco; la mi’ mamma diceva che si dovevano mangiare per devozione, ma io li avrei mangiati lo stesso, mi piacevano. Una volta, quando mia madre cercò di comprarne e non li trovò perchè eran finiti, fui molto triste, ma per poco, quello che contava erano i giochi.

Più d’una volta fummo invitati a casa della Vittoria, la mamma di 1963-8-san-rocco-23Gianni, meglio conosciuto come ‘l Liscio. Dal loro salotto si accedeva ad una terrazza d’angolo che offriva un bella veduta della festa. Poi, da più grandicello, preferivo essere in mezzo alla folla e più vicino alla bigoncia, anche se la mamma mi diceva che mi sarei bagnato tutto. Questo era il gioco che mi piaceva di più, e poco prima dell’inizio della tenzone arrivava uno degli organizzatori con un bell’ociarone bianco e saliva su una scala a pioli, che altri aiutavono a sorreggere, e la metteva nella bigoncia giá piena d’acqua.

Il primo cavaliere era pronto ed agguerrito e con la sua lancia in resta non era in sella ma piuttosto seduto in una vecchia sedia sgangherata e legata sopra un carretto ed invece d’un indomabile destriero aveva due uomini alle stanghe e  spesso non riuscivano a tirare alla stessa velocitá. Questo  rendeva ancora più difficile mirare e centrare il famoso buco. Spesso il cavaliere colpendo la tavoletta baltava la bigoncia e si trovava sotto un cascata d’acqua. Quando cominciava la corsa un gruppo di ragazzini si metteva ad insequeire il contendente e spesso anche loro finivano sotto l’acquazzone. Subito comparivano altri aiutanti con secchi pieni d’acqua e la bigoncia era pronta per un’altro attacco. L’oca era legata 1963-8-san-rocco-22in qualche maniera perchè con l’urto dell’asta certe volte veniva sbalzata fuori. Il secondo cavalire era subito pronto per la carica e queste continuavono con i berci di incoraggiamento della folla sino a quando un temerario cavaliere dallo sguardo acuto e polso fermo avrebbe infilzato l’asta nel buco. Urlo sovrumano della folla entusiasta! Ecco l’eroe della giornata che artornava a casa mollo e con l’ocia.

C’era poi il tiro alla fune, ma non era cosi eccitante. L’albero della cuccagna invece me piaceva di più. Gli scalatori si riempivano le tasche di terra e la buttavano sul palo unto cercando così d’avere più presa, ma poi sguillavano lo stesso  e artornavano da dove eran partiti. A la fine, dopo che in dimolti avevano pulito ‘l mitulo a forza di provarci, uno arrivava ‘n cima e cominciava a buttar giù tutto quel bottino. Quando ‘n c’era ‘rmasto più gnente scendeva  e la festa era finita. Ed io dovevo aspettare ‘n’antr’anno.

 La cosa strana, ma forse non era strana per niente, era che non ho mai pensato che quando sarei diventato grande avrei partecipato ai giochi, sarei stato solo uno spettatore, come nel 1963, quando scattai queste foto.

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Appendice:

alla fine d’agosto del 2001 mi trovavo a Firenze per lavoro, stavamo girando un documentario. Alla fine del filmare avevo alcuni giorni liberi mentre il resto si riposizionava a Montecatini. Era una domenica mattina e prometteva d’essere una giornata caldissima, non volevo rimanere. Firenze è bella, anzi bellissima, ma Firenze mi immalinconisce, mi rattrista. Non mi ci ritrovo più. Firenze è cambiata, ed anch’io son cambiato e non son più lo studente che va all’universitá. Alora decisi d’artornare al Borgo. Feci la valigia in dieci minuti e mentre ero nel taxi correndo verso la stazione telefonai a Paolo Massi, che se ne stava tranquillo in piscina:

“Paolo, arivo ad Arezzo fra ‘n ora!”

E tovai Paolo, puntuale, li ad aspettarmi. Tornando verso il Borgo, Paolo mi disse che quella sera ci sarebbe stata la Festa di San Rocco, con cena al giardino, preparata dal Liscio. Immaginate la mia gioia: la Festa di San Rocco, anche se non era il 16 agosto. La festa d’un santo francese che faceva felice un miscredente come me, forse mi era simpatico anche perchè lui aveva sempre un canino.

Quella sera andammo alla festa e c’era con noi anche Massimo Carlotti. Ci furono i giochi tradizionali, solo che questa volta erano in notturna e rividi un sacco d’amici.

 

 

30 novembre 2008, Marblehead, MA USA                                                                                         

 

I  vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete! Fausto Braganti      

ftbraganti@verizon.net

Facebook: Fausto Braganti

Skype:       Biturgus

 

 

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