47 M’Arcordo… de Piero (della Francesca).

Non preocupatevi questo non é un altro trattato sulle opere o sull’arte di Piero, ne sono giá stati scritti abbastanza da gente ben più preparata di me ed in ogni modo io non sarei mai stato in grado di farlo. Sará un breve ricordo di come io e Piero ci siamo inseguiti e continuamo a farlo.

La  finestra della stanza del Palazzo delle Laudi dove son nato dá su Piazza Garibaldi. Da li si puó vedere sulla destra la casa natale di Piero della Francesca, e questo non credo abbia avuto nessuna influenza sul mio patrimonio genetico e tanto meno sul mio destino. É solo una coincidenza dovuta al fatto che il nonno era il fattore di Serse Bartolomei, allora proprietario del palazzo e noi ci abitavamo. C’era anche il vantaggio che non si pagava l’affitto ed inoltre dava alla nonna Vittoria l’orgoglio e l’illusione d’esser una gran signora, almeno così mi é stato detto.

La Resurrezione di Piero era proprio in un muro nel palazzo di fronte, in quello che allora era il comune. Non so quando, ma durante il periodo (1943-44) repubblichino di Saló, ci fu un ordinanza di portare tutte le radio in comune. Ho un vaghissimo ricordo d’esser andato col babbo a recuperare la nostra vecchia e monumentale Phonola. In un gran stanzone di radio ce n’erano tante, accatastate lungo un muro da farne una montagna e non fu facile ritrovarla. L’unica volta che ho visto tante radio é successo molto tempo dopo quando il Giannini mi fece veder la sua collezione.

Credo che fu quella la prima volta che vidi un gran Cristo dagli occhi grandi e  tondi, dipinto in alto sul muro, che mi fissava. Di certo il babbo mi disse qualcosa ma non me n’arcordo.

Poi andammo a vivere in via della Firenzuola, nella casa del Melandri e ’sta volta se pagava l’affitto. Ci avvicinammo alla Resurrezione. Dalla finestra del salotto vedevo la gran sala e sapevo che li c’era quell’affrasco del gran Cristo dagli occhi tondi: du’ muri, ’na via, al massimo 50 metri di distanza.

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Quando il tempo era buono giocavo per strada, fino a sotto l’arco del pisciatoio, quello che poi Beppe Nomi convinse l’amministrazione a buttar giù. Peccato. Spesso si giocava anche su e giù per le scale del comune. Qualche volta si vedeva gente nuova, sconosciuta: erano i turisti, italiani e stranieri, che venivano anche da molto lontano per visitare la pinacoteca, come si chiamava allora, ed ammirare le opere di Piero. Mi sentivo importante, in fondo erano anche mie e proprio grazie a lui il mio piccolo paese era famoso nel mondo. E ancora non sapevo nulla dello scrittore Aldous Huxley e di Anthony Clarke artigliere sudafricano e poi libraio, ma questa é un’altra storia. É una storia lunga grazie anche ad un altro scrittore, H.V.Morton, ad Alberto Droandi d’Arezzo, al sindaco Ottorino Goretti. La BBC ha prodotto in proposito un ottimo documentario. Ho cominciato a scrivere una storia e un giorno, forse, la finiró. Diciamo che mi sono un po’ distratto per la via nello scrivere i M’Arcordo…

Nel 1954 ci fu la miracolosa scoperta sotto un intonaco a Santa Chiara del bellissimo frammento d’un affresco di Piero, che poi verrá conociuto come il San Giuliano. Ero alle medie e il prof. Barbagli ci portava in palestra nella vecchia chiesa di Santa Chiara, quella che era anche stata il cinema di Marchino, prima che costruisse l’Iris. Proprio in quello stesso edificio il grande pittore aveva lavorato, dove io facevo la sbarra. In casa se ne parló molto, sembrava che avessimo ritrovato un tesoro sperduto e dimenticato. Credo che fu proprio allora che cominciai a capire che ‘sto Piero era importante per davvero.

Il Palazzo delle Laudi, dopo che noi abbiamo sgombrato, fu per breve tempo il Palazzo del Fascio. Subì molti danni, dovuti anche all’incuria. Venne poi restaurato e divenne la nuova sede del comune. La vecchia nel frattempo era diventata un vero museo, con La Resurrezione. che non si muoveva, al posto d’onore, certo: era attaccata al muro. E Beppe Nomi era felice come ‘na Pasqua. Anni dopo furono aggiunte le sale del vecchio Monte Pio, e l’ingresso fu aperto in Via degli Aggiunti.

Quando ero in prima liceo venne d’Arezzo una professoressa di disegno giovane e tanto carina, poch’anni più grande di noi, si muoveva molto con aria sbarazzina e scodinzolava la sua coda di cavallo. Eravamo tutti innamorati di lei. Le sue camicette sempre bianche, immacolate e aderenti ci facevano stare tutti buoni. Un giorno ci portó al museo e noi la seguimmo di sala in sala attentissimi alle sue spiegazione dei lavori di Piero e alla sua camicia stretta stretta. Lei era così soddisfatta del nostro interesse nell’arte che ci propose d’andare ad Arezzo a vedere La Storia della Croce. Fu un’ottima idea, accolta dall’entusiasmo generale e quella fu la prima volta che vidi il grand’affresco nella chiesa di San Francesco. Nel film “The English Patient” c’é una scena evocativa, quando il soldato indiano solleva con una fune l’infermiera a mezz’aria, perché questa possa vedere meglio i dettagli dell’incontro del re Salomone con la regina di Saba.

Ci fu un’altra visita, quasta sotto la guida del professore e anche preside Gino Franceschini che ci disse che La Resurrezione non era un’opera religiosa, era piuttosto un’opera politica.  Lo ascoltavamo attentamente, nessuna distrazione, niente camicetta aderemte.

La gente del Borgo sempre orgogliosa del suo nome aveva chiamata una sala da ballo all’aperto “Il Pozzo di Piero”, anche se crede che lui non era mai stato da quelle parti.

Poi ho cominciato a viaggiare, prima in giro per l’Italia e poi all’estero. Da allora ho imparato che quando si incontra una nuova persona una delle primissime domande che ci si scambia é la tradizionale:

“Ma tu (o lei) da dove vieni?” Non voglio intristire i miei compaesani ma molto spesso alla risposta:

“Sansepolcro” ho spesso incontrato lo sguardo incerto nel volto dell’interlocutore. Forse ora le cose son cambiate, non so. In questa situazione ho sempre usato due termini che nella maggioranza dei casi hanno riportato il sorriso a che mi aveva domandato.

“Sansepolcro, il paese di Piero della Francesca e della pasta Buitoni.” Temo che quest’ultima, con i tempi che corrono, sia diventata meno conosciuta.

Proprio a tempi del liceo ‘l mi’ babbo mi regaló un libro su Piero con tutte le opere di Piero. Lo lessi con entusiasmo e un giorno con la Vespa GS andammo ad Urbino a vedere la Flagellazione e la Modonna di Senigallia. Non solo questa mi piaceva ma le volevo bene: l’avevo riconosciuta in un concorso al Cinema Aurora, una specie di Lascia e Raddoppia, e avevo vinto 5.000 lire, con cui avevo comprato la mia prima macchina fotografica. Grazie Piero! O forse era stato una miracolo della Madonna?

Così cominciai ad inseguire i dipinti di Piero un po’ dappertutto. Col babbo andai sempre in Vespa (quella stessa che Stefano Corgnoli ha artrovato) alla cappella del cimitero di Monterchi a vedere la Madonna del Parto. Anche questa mi ricomparve in un film francese di cui non ricordo il titolo, in cui una tormetatissima coppia nella disperata ricerca di ritrovarsi finiscono a Monterchi, davanti alla Madonna, ma nella nuova sistemazione nella scuola. Scusate ma non mi ricordo come la storia va a finire, ma essendo un film francese, probabilmente male, direbbe mia moglie Pascale, lei pensa sempre a Maupassant.

Il primo giorno che mi consegnarono il mio libretto universitario, che mi permetteva libero accesso a tutti i musei d’Italia, ma non in Vaticano, corsi agli Uffizi per vedere Federico da Montefeltro, quello dal naso adunco. Mi é sempre piaciuta la storia, ma chissá se é vera, che s’era fatto tagliare un pezzo di naso per ampiare il suo campo visivo, dopo che era rimasto orbo dell’occhio destro in un duello e i suoi movimenti erano limitati dalla rigidezza dell’armatura. Molti anni dopo, proprio qui a Marblehead, degli amici dalla vivida immaginazione, decisero d’organizzare una festa con dei Tableaux Vivants come se fossimo alla fine del settecento. Senza un attimo di dubbio io decisi d’essere Federico da Montefeltro. Sempre qui in paese c’é una scultrice, Beverly Seaman, che é andata al Borgo tante volte e ogni volta prenota la stessa stanza al Fiorentino. Come dice lei: “Mi piace Sansepolcro, ci sono le opere di Piero e si mangia benissimo” Le chiesi di farmi un naso come quello del duca e lei, dopo aver fatto un calco del mio, me lo fece, di gesso e non di bronzo. Così sono il fortunato proprietario d’un naso d’autore, addirittura glielo feci firmare, all’interno.

 
Fausto col naso del Duca

Fausto col naso del Duca

Poi nel 1965 andai a Londra, la prima volta. Quel primo giorno, e ancora non avevo un letto per dormire, si fa’ per dire, perché poi quella notte finii col dormire in un biliardo, andai subito alla National Gallery. Volevo vedere Il Battesimo e La Nativitá, uno accanto all’altro. Ero contento! Son tornato tante volte a rivederli e nel ’91 per la prima volta ammirai la nuova sala dove sono stati sistemati. Esperienza emozionante: una sala tutta per loro alla fine d’una nuova ala del museo. Borghesi, non vi offendete! Ma ero contento che fossero lì, migliaia di persone li avrebbero visti. L’arte, quella vera, non ha nazionalitá e prevalica il suo tempo, appertiene a tutti, appertiene all’umanitá, appartiene a chi la riconosce e la sente sua. Nella primavera del ’69, sempre a Londra, ci fu una mostra d’opere toscane e quella volta mi venne a trovare il San Giuliano.

Quando visitai Boston andai subito all’Isabella Stewart Gardner Museum per vedere l’Ercole. A quei tempi (1969) scrissi un articolo per La Nazione. Durante la visita del sindaco Ivano del Furia, mi sembra verso il 1986, andammo assieme a ritrovarlo. Si parlava giá delle celebrazioni per il 500simo anniversario (1992) della morte di Piero e ci furono dei contatti con il museo per riavere in prestito l’affresco per l’occasione. Non se ne fece niente. Dicevano che nel lascito della collezione era scritto che nessuno pezzo poteva esser venduto e neanche prestato. Poi c’era il problema del peso e della sua fragilitá, dicevano che l’affresco non era stato ”staccato”, l’intero muro era stato rimosso. Ma, penso io, se l’hanno portato fin quá, si poteva certo farlo viaggiare un’altra volta.

Nelle mie ricerche dei lavori di Piero ci son contraddizioni, per esempio ho visto Sigismondo Malatesta al Louvre e poi non son mai andato a Rimini a visitare il Tempio Malatestiano. Un pomeriggio a Milano con poco tempo a disposizione, ho trascinato un’amica a vedere San Nicola da Tolentino al Museo Poldi Pezzoli per poi correre al Brera per ammirare la Madonna dell’Ovo. Lei aveva pensato ad altro per quel pomeriggio, che in teoria, almeno credevamo a quel tempo, sarebbe dovuto essere il nostro ultimo, ma questa e’ di quelle storie che non vi raccontero’.

Ogni volta che vado al Borgo visito almeno una volta il museo; dopo la fermata d’obbligo alla Madonna della Misericordia passo nella sala della Resurezione e mi piace quando non c’é nessuno. Sono egoista e in contradizione con tutto quello che ho detto prima sull’universalitá dell’arte, voglio credere che sia mia, solo mia. Una volta trovai una coppia seduta li davanti, in contemplazione. Mi misi a parlare con loro e scoprii che erano israeliani, e quando chiesi loro come conoscevano Piero, mi dissero che avevano letto un libro giallo: “Summer Lease” di John Mortimer. Poi ne avevano visto anche una riduzione televisiva, brevemente girata anche al Borgo. Io ancora non sapevo nulla di tutto questa storia, con tanto di morto, che si sviluppa seguendo un itinerario pierfracescano. Lessi poi il libro e vidi il film televisivo. Niente di particolare, una storia stiracchiata.

Qui negli Stati Uniti, a parte l’Ercole, c’é un San Giovanni Evangelista alla Frick di New York, una Santa Apollonia (credo sia solo attribuita) alla National Gallery di Washington ed infine La Madonna dei Quattro Angeli al Clark Art Institute di Williamstown, a tre ore da Boston.

 
La Madonna dei Quattro Angeli - Clark Art Institute, Williamstown, MA USA

La Madonna dei Quattro Angeli – Clark Art Institute, Williamstown, MA USA

 

E per finire v’arconto d’un incontro a Verona. Durante una visita a degli amici veronosi fui invitato ad una cena dove ebbi modo di riincontare altri conoscenti. Durante la conversazione uno dei presenti fece una dichiarazione che mi sorprese.

“Fausto é una persona importante, anzi potente. Fa aprire i musei chiusi anche da lontano, basta fare il suo nome.” E ci raccontó quello che era accaduto pochi giorni prima. Lui con la moglie era andato a Sansepolcro per vedere le opere di Piero, per poi scoprirono che il museo era chiuso, era il primo maggio. Contrariati per non dir poco, andarono al caffé davanti al duomo. Si misero a parlare con la proprietaria del fatto che il museo era chiuso e che ne avevano sentito tanto parlare dal loro amico Fausto Braganti. A quel punto un signore seduto al tavolo accanto intervenne:

“Voi siete amici di Fausto Braganti che sta in America?”

“Si, proprio per lui siam venuti a Sansepolcro e poi si scopre che oggi il museo é chiuso!”

“Aspettate qui! Torno subito.” E al suo ritorno invitó gli amici veronesi a seguirlo, aveva in mano una chiave. Giunti in via degli Aggiunti aprì la porta del museo: quel giorno loro furono gli unici visitatori e non pagarono neanche il biglietto. Erano soddisfattissimi nel raccontare la storia e io con loro e tutti gli altri  mi guardavano sorridendo.

“Sapete chi era quello che vi ha aperto il museo?” chiesi loro.

“Si, aveva un nome che non si dimentica, Celestino!”

E ora non mi resta che dire:

“Grazie Celestino! Ma che bella figura m’hai fatto fare! Forse l’hai fatto più per Piero che per me, credimi non m’offendo, anzi. Hai per anni guidato orde di studenti e di turisti con l’orgoglio di mostrare loro qualcosa d’unico, qualcosa che appartiene a noi Borghesi e che appartiene anche al resto del mondo. Grazie per il tuo lavoro.”

 

4 marzo 2009, Marblehead, MA USA   

 

 I  vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete!

 

Fausto Braganti      

 

ftbraganti@verizon.net 

Facebook: Fausto Braganti

Skype:       Biturgus (de rado)

La festa dei Tableaux Vivants non fu mai fatta, ma nel cassetto della mia scrivania c’é una scatolina con il naso del duca. Forse fu meglio così, perché non mi sarei tagliato la barba. Lo so che non c’entra niente, ma in compenso organizzammo con gran successo un concorso letterario sulle erotiche avventure de la Veuve Cliquot Ponsardin (si, quella dello champagne, quella coi boccoletti). Scusa Piero per divagare!

A proposito di quegli occhi tondi del Cristo della Resurrezione ho poi scritto un altro M’Arcordo…

https://biturgus.com/2012/04/02/105-marcordo-due-occhi-e-un-piede/

7 Risposte to “47 M’Arcordo… de Piero (della Francesca).”

  1. Leonardo Carloni Says:

    Caro Fausto, ti ringrazio per questi tuoi ” m’arcordo” che sto’ leggendo con vero piacere…dovresti raccoglierli in un libro, che tutti noi originari del Borgo o acquisiti come me ( ma mio padre era nato a Sansepolcro ), acquisteremmo volentieri conservandolo tra le cose più care…

    Leonardo

  2. Marco Piccini Says:

    Credo che il film dove si vede la Madonna del Parto di Piero sia “La Prima Notte di Quiete” di Valerio Zurlini che aveva come interprete principale Alain Delon.

    • Fausto Braganti Says:

      Grazie Marco, non conosco questo film di Zurlini, che in generale a me piace molto. Lo devo vedere. Il film di cui non riesco a ricordare il titolo e’ certo molto piu’ recente, infatti mi sembra ci sia la Chiara Mastroianni. Lo devo ritrovare!!!

  3. donatellazanchi Says:

    Grazie Fausto, questi racconti sono preziosissime pillole di storia . Dov’era il Vespasiano? Anche io ho abitato in via della Firenzuola ma non me lo ricordo. Hai ragione quando dici che le oper d’arte sono patrimonio dell’umanità e poco importa dove si trovano…Pensa che qualche borghese non è mai stato al museo pur avendolo sotto casa…. Continua ad informarci con i tuoi splendidi M’arcordo .Ciao a presto

    • Fausto Braganti Says:

      il vespasiano maleodorante erano proprio sotto l’arco che univa il comune e il palazzo Aggiunti, sulla destra entrando in via della Firenzuola da via Matteotti. Proprio sopra l’arco c’era l’ufficio del Bellini (era segretario comunale?)

  4. donatellazanchi Says:

    Si, il Bellini ho sentito dire che era il segretario comunale, ma non l’ho mai conosciuto.. e non ricordo nemmeno l’arco di cui parli,ma sapevo che c’era. Grazie dei chiarimenti.

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