Quando andavo all’universitá a Firenze ho quasi sempre vissuto in camera d’affitto, ma nella primavera del ’64 per la prima volta andai ad abitare in una pensione, una pensione vera, Pensione Part… dalle parti di Piazza della Libertá. L’amico Daniele, compagno di studi a Farmacia, ce l’aveva indicata e Gianfranco ed io ci andammo. Fummo i primi Borghesi, poi molti altri mi seguirono.

Pensione Part… Firenze, maggio 1965
Era un vero “auberge espagnole”. Quest’espressione francese che non riesco a tradurre bene in italiano é la migliore descrizione che posso pensare della pensione. Chiamarla una “casa di matti” mi sembra un po’ troppo, ma é quasi giusto. Ci sarebbero tante storie da scrivere ma ‘sta volta racconterò solo della proprietaria.
Penso che a quel tempo la signora Checc… avesse circa 55 anni, ed era ancora una donna attraente. M’arcordo che una volta la vidi truccata e ben vestita, usciva per cena con un amico, e mi convinsi subito che in gioventú doveva esser stata molto bella. Poi era diventata una piacevole signora, sempre con una punta di raffinata eleganza.
Da quando era diventata vedova, pochi anni prima, aveva preso a gestire questa pensione. Le camere erano su due piani, con la cucina, soggiorno con televisione e sala da pranzo, dove si faceva colazione, al secondo piano. Da tempo aveva smesso di servire la cena. Eravamo quasi tutti studenti. Stare con i giovani la faceva sentire giovane, cosi diceva lei. E così diceva anche l’unica anziana signora che abitava con noi.
Al piano terra c’erano degli uffici. La sig.ra Checc… ci aveva diviso: i ragazzi stavano al primo piano e le ragazze al secondo. La mia era la più bella camera, quella d’angolo col balcone e grande abbastanza da farci delle feste. Nella foto la signora è alla finestra della sala da pranzo. Quando sono arrivato mi ha detto le regole della casa e ha precisato che non c’era nessun problema se portavamo ragazze in camera, tanto sapeva che, anche se l’avesse proibito, l’avremmo fatto lo stesso. Scoprimmo poi che aveva fatto lo stesso discorso alle ragazze, anche loro potevano invitare i loro ragazzi in camera. Con loro si era dilungata sugli anticoncezionali, la pillola non era ancora arrivata. Il problema era un altro, non era facile convincere una ragazza a venire in camera. L’unica cosa che era proibita, anzi proibitissima, era fare sedute spiritiche! Ma ci avrebbe mai pensato! Infatti una notte inruppe in una stanza tutta infurita, convinta che stavamo chiamando qualche fantasma, ma i suoi sospetti erano infondati: eravamo seduti intorno ad un tavolo giocando a poker.
Spesso la sera salivamo al piano delle donne e nel soggiorno si guardava la televisione. Erano i tempi di Gian Burrasca con Rita Pavone.
Spesso rimanevamo a chiacchiarare e subito capimmo che le piaceva raccontarci le sue storie, in particolare quelle amorose, e sembrava che con noi non avesse segreti. Bastava fare le domande giuste e lei era pronta ad aggiungeva dettagli interesanti.
In gioventù la signora aveva studiato e si era diplomata infermiera, poi c’era stata la guerra e l’aveva fatta tutta. Di avventure ne aveva avute tante, e le piaceva parlarne. Spesso la sera molti di noi ci ritrovavamo nel soggiorno e, se lei era in forma, i suoi quasi monologhi con i dettagli delle sue storie, erano piu’ interessanti della televisione. Non solo non era avara di dettagli, ma era anche genorosa di consigli, che dispensava generosamente alle ragazze del gruppo. Allora credevo di sapere molto, almeno in teoria, ma in realtá sapevo ben poco e le sue storie e consigli furono educativi. Mi aiutò un po’ a capire le donne, ma solo un poco; queste ancora rimangono per la maggior parte degli esseri misteriosi. Ricordo che una delle sue famose massime, e si rivolgeva direttamente alle ragazze, era
“Se tovate l’uomo giusto, quello che amate o che vi piace molto, non devete dire di no a niente! Avete capito? Niente!”
Ed un’altra era:
“Dovete dare tutto, piú date e piú riceverete!”
Un’altro consiglio che dava alle ragazze era che se incontravano quello che sembrava essere giusto dovevano valutare la situazione e le sue potenzialitá. Una buona prova era quella d’andare a ballare, una maniera sicura per conoscerlo meglio.
“Ballando” aggiungeva “non fate le timide, e fatevi stringere ed allora sentirete se lui é eccitato e quanto ci mette ad esserlo. Capite? Lo dovete sentire. Capite? Allora lo stringete forte anche voi. Fategli capire che vi piace quello che provate e lui sará vostro. Di sicuro. E date, mi raccomando, date e riceverete. Se non vi stringe, se non vi fa sentire quello che può affrire, dimenticatelo, non è il vostro uomo”.
Le ragazze facevano la parte delle timide ed arrossivano, ma nessuna si allontanava quando cominciava a narrare le sue storie. Noi ragazzi eravamo contenti di sentire questo, eravamo pieni di speranze, ed in segreto la ringraziavamo, era dalla nostra parte.
Poi venne il Natale del 1964 e prima di partire per le vacanze e ritornare a casa per le feste decidemmo di fare un gran cenone. Tutti indaffarati riuscimmo a preparare un bel banchetto, e la Sig.ra Checc. seduta al centro sembrava felice, come la regina d’una corte che l’amava. Dopo cena si comincio’ a ballare e Gianni e Daniela (nomi fittizi), forse memori dei suoi suggerimenti, presero alla lettere i suoi consigli e si misero a ballare molto stretti. Dimostrarono che avevano seguito attentamente la lezione e non si negarono nulla. Ci fu un problema, diciamo tecnico: i due erano fidanzati, ma non fra di loro. La situazione abbe gran complicazioni e si passarono mesi di tormenti, eravamo tutti un po’ coinvolti, fin quando il tutto si normalizzo’ ed ognuno ritorno’ al proprio fidanzato/a originale. Sono stato ospite di Gianni l’anno scorso e tutto va bene.
Una volta ci raccontò della prima volta che fece l’amore. Era prima della guerra e lui era un dottore, giovane, bello ed a suo dire un amante fantastico, mai stanco di dimostrarle la sua passione. Fecero l’amore la prima volta in un lettino dell’infermieria. Poi venne la guerra ed il dottore partì per la Russia e non tornò. A questo punto si rattristava.
“Son diventata una vedova di guerra, e pensare che non ero neanche sposata.”
Poi.
“Ho incontrato altri uomini, ma nessuno era come il mio dottore, nessuno sapeva amare come lui, nessuno aveva tanto .. tanto dare come lui. Capite? É stata una gran delusione scoprire che gli altri non erano come lui. Ero stata abituata mal sin dall’inizio, mi aveva viziata. É stato difficile, dopo aver provato lui, accontentarsi. ”
E noi tutti le dicevamo che avevamo capito, e lei sorrideva soddisfatta.
La Sig.ra Checc. si era sposata tardi, penso verso i quarant’anni, ed il Sig. Checc. era piu’ anziano, ma non si sapeva di quanto.
“Lui era un signore, un raffinato. Conosceva tutti i segreti di come far felice una donna, lui divenne il mio vero grande amore, l’amore della sua vita, dopo il mio primo amore: il dottore.”
Poi aggiungeva che da quando era rimasta vedova non era piu’ stata con nessun uomo e precisava che ne aveva avute di proposte. Affermava che lui le aveva dato cosi tanto che poi il ricordo l’avrebbe soddisfatta per il resto della sua vita. Forse temeva che non fossero all’altezza della situazione?
Fu proprio in una di queste serate che ci parlò d’un manuale che decriveva le 16 maniere di fare all’amore.
“16 maniere?” Le chiedavamo noi curiosi
“Si, sono le 16 fondamentali maniere, poi ci possono essere variazioni.”
Aggiungeva che il marito aveva una gran collezione di libri erotici, alcuni molto rari. E fra questi c’era quello delle 16 posizioni, forse il piu’ raro e certo uno dei suoi preferiti. Ci diceva che era anche illustrato con antiche stampe erotiche. Che fosse un vecchio libro dell’Aretino.? La mia, la nostra, curiositá era grande. A proposito delle 16 posizioni, le abbiamo chiesto piu’ d’una volta se l’avesse provate tutte e quale fosse la sua preferita. Non credo che ci desse mai una chiara risposta. Probabilmente voleva stimolare la nostra creativa immaginazione e questa era l’unica cosa che non ci mancava. Quello che cercavo di visualizzare di piú era la sedicesima, quella del paniere. La donna era seduta in un paniere sfondo e sospesa dal soffitto con delle corde, come in un’altalena, poi veniva piano piano calata sull’amante supino che l’aspettava….
Nel contesto di quegl’anni il matereriale a nostra disposizione era limitato. Anni dopo trovai un’edizione dei “Sonetti Lussuriosi” e dei “Dubbi Amorosi” dell’Aretino.
Poi tutto fini, verso giugno all’improvviso ci annunciò che era stanca e che se ne sarebbe andata, sembrava triste, molto triste. Ci disse che non ci dovevamo preoccupare, ci sarebbe stato un nuovo gestore della pensione.
Questo era uno strano e sconcertante individuo. Parlava sempre della guerra e che era stato una camicia nera in Bosnia o forse in Slovenia. Quello era stato per lui il miglior periodo della sua vita. Si vantava raccontandoci di quante ragazzine aveva violentato, tragico! Ecco uno che si sarebbe meritato di finire nelle foibe. Nessuno voleva ascoltare le sue storie e facevamo di tutto per evitarlo.
La signora Checc. sparì così, senza un saluto e nessun seppe mai che cosa fosse successo e dove fosse andata.
Venne l’estate ed io feci l’autostop fino a Londra. Al mio ritorno a Firenze andai direttamnete alla pensione Parterre, ma trovai la porta chiusa e sigillata per debiti non pagati.
Poi diventò un edificio pieno di uffici.
Io andai in Via della Pergola, proprio accanto al teatro, dalla Sig.ra Clo. Anche su questa ci sarebbe molto da dire. Vedremo, forse…
25 aprile 2009, Marblehead, MA USA
I vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete! Fausto Braganti
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Davanti alla pensione. La Vespa e’ di Paolo Massi
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