POST-SCRITTO con la Storia de la Paletta
A proposito della memoria collettiva e dei dubbi che avevo espresso all’inizio di questo M’Arcordo mi debbo ricredere, e son contento.
Il numero dei messaggi e dei commenti che ho ricevuto (grazie anche a Facebook) mi conferma che questa memoria collettiva esiste, e come! Inoltre considerando che molti di questi mi son venuti da lettori molto piú giovani di me vuol dire che la memoria ha acquisito il valore della tradizione che si tramanda.
Così ho deciso di aggiungere un poscritto per condividere con tutti quello che ho appreso. Tanto lo so, se a uno non gne ne frega gnente a ‘st’ora ha belle smesso de leggere. Ben per lui e ben per lei.
Penso che la scelta di questo nome, “il prete” abbia delle radici lontane nella tradizion popolare e contadina, in cui da sempre si tramandavano storie di preti birbaccioni e di serve e di spose generose delle loro grazie. Credo anche che non ci fosse cattiveria in queste storia. Eran solo facezie nate forse solo dalla costatazione di fatto del comportamento di alcuni. La vita era dura e la gente aveva aveva bisogno di ridere. Ridere non costa niente. A quei tempi non si poteva guardere “Sex in the city”, e s’andava a letto presto, quando faceva buio e si risparmiava l’olio e le candele. Le case erano misere e fredde ed in due si stava piú caldi. Boccaccio e Chaucer sono in testa nel raccontarci tante di queste storie, ma non dimentichiamoci Poggio Bracciolini e Pietro Aretino.
A proposito dello scaldino che in casa mia si chiamava “la pretina” la Brunella de Porta Romana mi ha detto che ‘n casa sua era diventato la “monica” od anche la “fratina”. Ancora una piú specifica prova che l’immaginazione popolare aveva l’idee chiare su quello che poteva succedere sotto le lenzuola. Sempre la Brunella mi raccontato de la su’ nonna che diceva de “non mettete la brage troppo bollita, sennò se stronino i panni”!
L’Anna del Piazzone, anche lei un’expatriate come me, mi ha scritto che nel bergamasco questi aggeggi son chiamati “frati”. Si vede che da quelle parti i frati avevan la nomea d’esser piu’ birbi dei preti. Dopo tutto mi sembra che Fra Dolcino, quello che nel trecento predicava socialismo e libero amore, fosse di quelle parti, di sicuro era del nord. Non solo fu bruciato in piazza ma Dante lo sbatté all’inferno, assieme a Maometto fra i seminatori di discordia. Per fortuna i fondamentalisti islamici non leggono la Divina Commedia, se no chissá quale vendetta inventerebbero.
E nella fantasia popolare, di sicuro basata su qualche fatto reale, non erano solo preti e frati i colpevoli di queste malefatte ma anche i pellegrini avevano una bella nomea. La vecchia canzone “Pellegrin che vien da Roma” era un saggio avvertimento per gli sprovveduti mariti.
http://www.youtube.com/watch?v=ezRA38YA3ec
Poi m’ha scritto la Rina de San Puccio, anche lei abita ‘n’America come me ed anche lei non s’era scordata del prete e mi dice:
Si, anche io ricordo il prete che ci scaldava il letto prima di andare a dormire. La mia famiglia (Zoppi) infatti viveva propio in una di quelle case del Borgo senza riscaldamento ed il freddo era veramente glaciale (esiste ‘sta parola in italiano. Sai io a volte mi confondo. Sono tanti anni che vivo in America e l’italiano lo parlo poco.) La mamma attacava uno scaldino con la bragina in mezzo al prete e lo metteva sotto le coperte del letto un po’ di tempo prima di andare a letto. Così il letto si riscaldava. Noi bambini entravamo sotto le coperte e mettevamo i piedini gelidi sopra il prete per riscaldarci. Però la mamma lo levava subito perchè non si poteva lasciarlo nel letto per evitare che prendessero a fuoco le lenzuola e le coperte. A noi ci dispiaceva quando la mamma lo portava via.
Nicola invece ha commentato:
Nella mia vecchia casa del Colle di Fragaiolo non avevamo i riscaldamenti, ma tanti camini e tanti “preti”, un caldo tutto particolare quello della brace dentro al letto e assolutamente gradevole.
Angiolino ha aggiunto:
Leggendo il tuo racconto mi sono ricordato quando da piccolo abitavo in Via S. Caterina e che anch’io dormivo nella camera con mia nonna. La sera d’inverno, dato che anche la mi’ nonna andava a letto presto come le galline, preparava i nostri due letti con il prete e lo scaldino. La differenza stava nel fatto che lei andando a letto intorno alle 7 di sera, cioè subito dopo cena, trovava le lenzuola calde al punto giusto; io, invece, che mi piaceva guardare la televisione andavo a letto più tardi e trovavo, qualche volta, il letto o caldo da morire oppure freddo marmito perchè nel frattempo il fuoco dello scaldino s’era spento.
La Paola Podda ha scritto:
Io mi ricordo quando andavo a dormire a Fresciano con la mia nonna, la zia e i cugini, e nel letto, con delle lenzuola bianchissime e ruvidissime ci trovavo il prete che lo faceva bello caldo caldo. Se ci penso, mi piacerebbe a volte averlo anche adesso.
Questo m’ha fatto scattare un altro M’Arcordo: quello delle lenzuola ruvidissime, quelle fatte in casa, al telaio.. M’arcordo la zi’ Sunta, la sorella del nonno Barbino e l’Ardemia, la su’ nuora, che appena avevano un momento libero, si fa per dire perchè loro lavoravano sempre, correvano al gran telaio di legno. Rimanevo incantato a come velocemente tiravano la spola da un lato all’altro ed il lungo telo bianco lentamente s’allungava. Ancora oggi se vado al Borgo e sto da i miei parenti questi mi fanno ‘l letto tirando fuori le vecchie lenzuola. Oh come mi piace strofinarci la schiena nuda, manca solo quell’odore dei panni puliti, particolare del ranno che usavano per fare il bucato. ‘na volta me so’ fare ‘na camicia da notte da la Luigina con un lenzuole del corredo della nonna Vittoria.
La Catia, la mia quasi nipote, ha fatto un’affermazione più categorica e di certo la piú incoraggiante, e quello che temevo fosse solo storia é ancora una realtà.
Io ci vado (a letto col prete) anche adesso quando siamo in campagna!
Considerando che avete preso la briga d’arivare fino a qui, ve voglio arcontare ‘na storia. Penso che la sapete de giá ma ve l’ardico lo stesso.
Ecco la storia de la paletta, come l’avrebbe più o meno arcontata la mi’ nonna Santina che, anche s’era steta a Roma a servizio ‘n tu’ la villa del principe russo, non s’era scordeta che veniva da Baldignano, quello sopra a la Madonnuccia.
‘na volta c’era ‘na donna ch’era andeta a servizio da ‘n prete. E anche se ‘l vescovo aveva detto che le serve che stevano ‘n tu le chese dei preti dovevano avere piú de settant’anni, nessuno gli’va deto retta. E tutti le cerchevano belle e de salute come quella de ‘sta storia.
‘n paese comincierono subito a gnagnierere de quello che ‘sti due facivano dopo cena. Le finestre eran tutte chiuse e ‘n se vedeva e ‘n se sentiva gnente.
‘n giorno, quando ‘l prete era andato a di’ la messa al camposanto, ‘n’antra donna andò a trovalla. E mentre stavano a parlere aconto al camino gni venne ‘n’idea.
“É vero che ‘l prete ci ha ‘l vino bono?”
“’l meglio de tutti, lui ‘n beve mica l’acqarello e me lo lo dá anch’a me. Vado a prendetene ‘n fiasco tanto lui ‘n c’è, così l’asaggi, ma devi aspettare, lo devo travasere. Oh, m’arcomando, ‘n dillo a nessuno che te l’ho deto.” E andò ‘n cantina.
Alora l’amica prese la paletta, ch’era ataccheta a ‘n gnodo, acanto al focolare e tutta de corsa andò ‘n camera de la serva e la nascose sotto i lenzoli, d’entro ‘l letto, e poi artornò ‘n cucina prima l’altra artonasse.
Ringraziò e tutta contenta artonnò a chesa sua col fiasco de vino del prete.
Dopo ‘n paio de giorni l’amica artonnò a trovalla. Aveva bufeto ed era tutto gnacceto e lei ci aveva lo scaldino e gli chiese a se gli dava ‘n po’ de bragina, e questa:
“Te la darei volentieri, ma sono ‘n paio de giorni che ‘n me riesce artrovere la paletta, non so ‘n do’ lo messa”
“Alora ‘n c’hai guardeto d’entro ‘l letto?
E questa fu la prova che lei ‘n quel letto ‘n ci dormiva..
E qui tutti se rideva, anche se la storia se sapeva de giá. Lei si che metteva ‘l prete a letto.
6 febbraio 2010, Marblehead, MA USA
ftbraganti@verizon.net
Facebook: Fausto Braganti
Skype: Biturgus
febbraio 6, 2010 alle 7:53 PM |
Voglio leggere anche io, per piacere. Sono la figlia de la Rina Zoppi. Grazie