70b M’Arcordo (inglese)…quando vidi i Beatles … e quando mi trovai a cena con un Rolling Stone.

Ma nell’estate del ’65 non vidi solo i Beatles.

Prima di continuare voglio parlare del tempo, quello che passa inesorabile. “Tempus Fugit”, come era scritto nel monumentale orologio a pendolo che troneggiava nella casa delle mia amica inglese e che lei pronunciava “fughit.”. Ed io sorridevo, lei diceva anche “reghina”, ma poi chissá como lo dicevano i romani.

Son giá passati due anni da quando ho cominciato a scrivere questi M’Arcordo… ed anche se avevo cercato di sospendere per dedicarmi ad un romanzo giallo erotico ed elettronico, son poi ritornato ai miei ricordi, non ne potevo fare a meno. L’atto di scrivere mi dá forse l’illusione di rivevere quello che pensavo perso nel tempo; un pallido sentore d’immortalitá, ma alla fine non é nient’altro che un’illusione.

Nell’eatate del ‘65 avevo 24 anni. Allora 20 anni mi sembravano un tempo lunghissimo. Immaginate com’erano lunghi per me 50 anni, era un’idea astratta. Il maggio precedente c’erano state delle commemorazioni per il 50simo anniversario dell’entrata in guerra (la Prima). Mezzo secolo mi pareva un periodo incommensurabile, senza fine. Eppure conoscevo tanta gente che aveva combattuto in quella guerra, per loro tutto quel tempo era passato. Ed oggi? Oggi ho memorie di 60 anni fa, e mi sembrano così vicine.

Com’é cambiata la prospettiva del tempo! Ora capisco quello che voleva dire la battuta che era ed é ancora tipica degli anziani.

”Quest’anno m’é passato così in fretta.”

Nel ’65 la guerra (la Seconda) era finita da 20anni e lungo la Strand, dalle parti di St. Paul, c’erano ancora le macerie di case bombardate durante il blitz. Allora mi sembrava che tutto quello fosse successo tanto tempo prima; ma oggi un ricordo di 20anni mi pare così vicino. Tanti di quegli sconosciuti che incrociavo per le strade avevano vissuto quell’esperienza. Quella era ancora la Londra che mostrava le ferite della guerra, e queste erano visibili anche dalle nostre parti.

Inoltre quella era la Londra che imparava con gran difficoltá ad essere la capitale d’uno stato come tanti altri e non quella d’un impero che copriva un quinto della terra. Avevano inventato il Commonwealth.  Ad Holland Park c’era il gran palazzo dello stesso, ma ora penso che fosse solo un’illusione, una pillola per addolcire la bocca amara di quelli che ancora bisbigliavano:“Oh Britannia, Britannia rules the waves…”

Cavalleggeri in Holland Road

Il Cambio della Guardia a Buckingham Palace, come la compagnia di cavellieria che spesso passava sotto le finestre della mia camera in Holland Road (non seppi mai da dove venissero o dove andassero) e tutte quelle guardie e soldati in alta uniforme, impettiti davanti a ministeri ed edifici importanti della cittá eran diventati la gioia dei turisti e non erano piú i pilastri d’un impero che non esisteva piú.

Si, c’era la regina ed era ancora giovane. La sua immagine era ovunque, cominciando dai francobolli e dalle monete. Il sistema monetario era quello antico (sterlina, scellino, penny e poi per complicare c’era la ghinea e la mezza corona, ma non c’era la corona), quello usato dai banchieri fiorentini del medioevo. I suoi ritratti erano ovunque. Quello piú comune era la riproduzione d’un quadro d’Annigoni che conoscevo bene. L’avevo visto tante volte a Firenze, in una trattoria dalle parti dell’Arco di San Piero, dove la regina mi guardava da una parete. Si diceva che Annigoni ci andasse spesso a mangiare. Non so se sia stato vero. Io non lo vidi mai, anche perché se fosse venuto a pranzo non l’avrei riconosciuto.

Gentleman with bowler hat

 Londra, come il resto del mondo, era in un gran momento di transizione, dal suo passato di gloria verso un futuro ancora incerto. Tanti uomini ancora portavano the bowler hat. Al Borgo c’era armasto solo il Giannini di Porta Romana che d’inverno andava in giro con la bombetta, che ‘l mi’ babbo chiamava tubino. Quell’estate non potevo permettimi il lusso di comprarmene uno, scoprii che erano molto cari. Anni dopo, quando giá abitavo negli Stati Uniti, trovandomi di passaggio per Londra, entrai tutto fiero da Lock & Co. in St. James ed ordinai a bowler hat. Non sapevo quando l’avrei potuto indossare, ma sentivo un incontrollato bisogno d’averlo. Comparve un compito signore con uno strumento (le conformateur) per misurmi la testa, ma sopratutto per stabilirne la forma, ero tondo od ovale? Sembrava uno strumento di tortura e me lo poggio sulla testa. Ricordo solo che era pesante. Ma a chi era venuta quest’idea? Mi disse poi di ritornare dopo un paio d’ore.     

 
 
 
 

le conformateur non e' uno strumento di tortura

E cosi fu che divenni proprietario d’un nuovo bowler hat, che calsava, si fa per dire, la mia testa perfettamente. Mi offrirono una scatala che rifiutai e come Alberto Sordi in “Fumo di Londra” uscii tutto trionfante col il mio nuovo cappello in testa. Ancora ce l’ho, come nuovo, non ho avuto molte occasioni di metterlo.

Ma come passarono quelle settimane? Senza un programma, senza far nulla eccetto vagare. L’ho detto che mi piaceva camminare, era estate ed il tempo quasi semper bello, non ricordo la pioggia. Mi piacevano i bus rossi. Come avevo scoperto il giorno del mio arrivo mi piaceva salire al secondo piano e cercavo di sedermi sul davanti, proprio sopra l’autista, posto strategico, vedevo tutto. E poi allora al secondo piano era permesso fumare ed io mi facevo gran fumate di pipa mentra esploravo la cittá dall’alto. C’era sempre un controller, molto spesso un indiano col turbante, che saliva e scendeva la stretta scala e percorrendo il corridoio continuava ad emettere dei suoni incomprensibili. Sapevo che voleva i soldi per il biglietto, ma rimaneva un mistero cosa dicesse. Aveva una specie di piccola cassa attacata a delle bretelle, con tasti numerati, che gli penzolava sul davanti, più o meno all’altezza dello stomaco. Dopo avergli detto la destinazione premeva dei tasti e girando una manovella emetteva il biglietto, una lunga strisciolina di carta che si allungava a secondo della distanza. Fu solo alla fine dell’estate, poco prima di ripartire, che il gran mistero fu risolto: finalmente capii quello che diceva:

“Any more fares please?” ma forse era singolare “fare”.

Fu proprio durante uno di questi miei viaggi che un signore dai gran baffi, di quelli che si allungano attaccandosi alla barba sulle gote, seduto accanto a me, notò la mia borsa per il tabacco e cominciò a parlarmi. Sempbrava incuriosito, e dapprima non riuscivo a capirlo, ma poi mi fu chiaro, mi chiedeva se io ero stato nel RAF (Royal Air Force). Alla mia  risposta negativa, mi sembrò molto contrariato. Il colori della mia borsetta era quelli del RAF. Ma perchè ce l’avevo io? Sicuro che per lui la commercializazione dei “suoi” colori reggimentali erano un altro incombente segno della fine dell’impero.

Appresi poi che spesso quelli che portavano quel tipo di baffoni erano stati piloti ed avevano combattuto nella Battle of England nell’estate del ’40.  

Un altro giorno, durante una delle mie pergrazioni, mi trovai a  camminare lungo Whitehall, dove ci sono grandi edifici ministeriali. Dalla musica d’una banda musicale capii che stava succedendo qualche cosa d’importante.

Questa volta vidi Lord Mountbatten, era una cerimonia in suo onore. Mi dissero che il suo giorno d’addio all’Admiralty. Non sapevo molto di lui, era solo un nome che avevo sentito dire, avrei appreso poi di lui. Era stato lui l’ultimo vicerè dell’India ed era stato lui che aveva ammainato le ultime bandiere dell’impero nel 1947.  Chi si ricorda il film Gandhi? Alcuni battaglioni di vari corpi marciarano impettiti davanti a lui. Forse ci furono discorsi, ma non ricordo. Questa volta avevo la macchina fotografica, ma la sua immagine é piccolina. Questa volta non c’erano ragazzine che berciavano e correvano come pazze come quando arrivarono i Beatle a Piccadilly Circus.

Cerimonia per Lord Mountbatten a Whitehall

Quando ho lasciato l’Alitalia dopo averci lavorato per 26 anni, non ci furono ne’ soldati, ne’ teen-agers urlanti per celebrare la mia partenza, e non mi regalarono neanche l’orologio, mi offrirono una torta ed un bicchiere di prosecco.

In quell’estate le strade di Londra erano ancora piene di quei gran taxi neri, quelli con l’autista rinchiuso entro una specie di sgabuzzino e senza alcun sedile alla sua sinistra. Li c’era invece un spazio per il bagaglio voluminoso, ce n’era abbastanza per metterci un baule in piedi, che poi veniva legato. I taxi ero alti, imponenti si diceva che a gentleman poteva salirci anche se portava un cappello a cilindro senza toglierselo. C’erano in giro macchine di tutti i tipi, con alcune che giá a quei tempi erano pezzi da museo.

Quelli erano gli ultimi giorni d’un’era, ma io non lo sapevo: me ne sarei reso conto solo tre anni dopo quando ritornai a lavorare a Londra.

La mia amica inglese mi invitò ancora ad andare al cinema. Questa volta mi portò a vedere “The KNACK…and how to get it.” Era una specie di fenomeno del momento, aveva vinto un qualche premio ed anche questa volta facemmo una gran fila. Gli spettatori erano in grandissima parte giovani.  Ne uscii depresso, non avevo capito un tubo, non avevo capito neanche il titolo. Nel piccolo dizionarietto che mi portavo dietro non c’era neanche la parola knack

http://www.youtube.com/watch?v=lL7d0OQUdSQ

Molti anni dopo l’ho rivisto in televisione ed l’ho trovato ancora difficile da capire, troppe espressione erano specifiche di quei tempi e poi superate. In ogni modo penso che sia stato un dei primi pezzi significativi nel cambio dei costumi e della società, ma quando lo vidi la prima vota I simply missed the point!

Le minigonne facevano appena copolino e con questo sarebbero venuta tutta una rivoluzione nel modo di vestirsi e di comportarsi. Ancora la parola hippie era sconosciuta, o almeno io non ne avevo sentito parlare.

I Rolling Stone non si erano ancora messi assieme.

 (continua)

 3 aprile 2010, Marblehead, MA USA           

 I  vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete!

 Fausto Braganti      

 ftbraganti@verizon.net 

Facebook: Fausto Braganti

Skype:       Biturgus (de rado)

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