(commenti ricevuti e ulteriori considerazioni)
Dopo la publicazione di questo M’Arcordo… alcuni amici hanno fatto dei commenti all’articolo nel blog, mentre altri hanno preferito inviarmi p.e. Ho pensato di raccogliere quelli piú interessanti, che contribuiscono a questa mini-ricerca nell’archeologia delle comunicazioni.
Giovanni e Aidi Acquisti:
Mio magnifico amico…. il Neo Bar di Angiolino allora si chiamava Bar Moderno ed aveva il telefono. Non dovrei sbagliare se ti dico che il numero era il 25 era un apparecchio da muro nero in bachelite l’antesignana delle materie plastice moderne.
Giovanni Dionisi:
Tutto vero, i centralini e, in genere, le centraliniste, sulle quali è stato realizzato nei primi anni ’50 un film “Le signorine dello 04″ che parla delle vicende di alcune centraliniste dei telefoni di stato, ma anche la tipologia degli apparecchi, tutti neri, solo nei film della bella società erano bianchi, tant’è che ci fu il filone dei film dei “telefoni bianchi”.
Ed è anche vero che al fianco dei telefoni di stato c’erano società private di telefonia, la TETI alla quale tu accenni e che aveva dei gettoni identici a quelli della foto, ma con la scritta TETI al posto del simbolo del telefono.
Il mio primo impatto col telefono, all’età circa di sei anni, fu quasi traumatico ed andò così. Sotto la casa dove abitavano mia nonna Margherita ed il nonno Nicola e dove ora sorge l’autostazione, c’era un distributore, mi sembra, di vini o roba simile che aveva il telefono, uno di quelli attaccati al muro e con regolare cornetta. Un pomeriggio, per farmi scoprire le meraviglie della tecnica si misero in contatto con la mia mamma Alba e, dopo aver parlato loro me la passarono e lei mi disse le solite cose dolcissime che solo le mamme sanno dire (Presso la culla in dolce atto d’amore che intendere non può chi non è madre…; come recita la poesia), ma che io riconoscendo la sua voce, non capivo come potessero raggiungermi e la conclusione fu che dopo aver balbettato un paio volte la parola mamma, la cui voce avevo riconosciuta, mi misi a piangere a dirotto, mancandomi il collegamento voce e figura per me inscndibile. Naturalmente dopo pochissimo arrivò la mamma, dal negozio a dove ero non c’era molta distanza, a rassicurarmi con la sua presenza che nulla le era capitato di male e che lei era sempre lì, vicino a me.
E pensare che la mia figlia più piccola, Anastasia, a poco più di un anno, quindi verso il 1990, si metteva davanti al videoregistratore e con le sue ditina pigiava i tasti per collegarlo alla TV ed iniziare od interrompere la visione dei film e, naturalmente, per lei non ci sono segreti per cellulari, computer, internet e via dicendo, altro che piangere davanti al telefono!!
Alfredo Milani:
Due saluti al volo sempre da Hong Kong:
(stavolta con questo M’arcordo… mi rubi il mestiere da storia dell’informatica e delle telecomunicazioni)
ti volevo dire che:
1) la moneta da 3 pence e’ un dodecagono dalle interessanti proprieta’ matematiche geometriche (ad es. e’ basata suldodecagono anche la piazza del Campidoglio a Roma di Michelangelo che trovi anche sulle monete da 50 cent di euro)
2) le calcolatrici americane si chiamavano “Comptometer” e ce l’aveva anche il mi’ babbo all’ufficio trasporti e mi ricordo che quando mi portava a lavorare con lui io che ero picino glie le incastravo sempre, negli ultimi tempi lui era rimasto uno degli ultimi a conoscere il “segreto” di farci le moltiplicazioni e le divisioni e per sfizio si esibiva a gare di comptometer contro calcolatrice olivetti.
3) tanto per citare un po’ storia della numerazione di urbana del Borgo ancor prima dei numeri con il 75 o il 76 che arrivarono con le urbane senza operatore e poi molto piu’ tardi la teleselezione, all’inizio al Borgo c’erano solo numeri di due cifre (quindi al massimo 99 telefoni!) poi dovendo far spazio a piu’ numeri si inizio’ ad aggiungere cifre davanti al numero in modo da non cambiare troppo le cose ed i numeri degli utenti. Ifine il sistema cambio’ e a Sansepolcro furono assegnati numeri con 75XXX e 76XXX quindi al massimo duemila numeri diversi. Successivamente in anni recenti, come ricorderai, i 75XXX diventarono 741XXX ed i 76XXX diventarono 742XXX . Molti dei primi utenti sono scomparsi, tanti numeri sono stati riassegnati, ma tanti ancora sopravvivono portando nel loro numero la memoria di quei primi telefoni. Ad esempio il numero della farmacia di Livio Galardi (controlla su http://www.paginebianche.it) ė 0575 742016 che significa che fu il sedicesimo telefono del Borgo. Ancor oggi rimangono 742029 Circolo delle Civiche Stanze,742032 Cappuccini, 742033 Albergo Fiorentino,742041.
Io vado orgoglioso del mio 0575 742055 il cinquantacinquesimo telefono del Borgo! che ci ritrovammo quando comprammo la casa dalla vedova del Parronchi (il grossista di frutta nonno della Daniela) che era lontana cugina della Sandra e trasferimmo l’utenza a mio nome.
Dopo questo sproloquio cabalistico, ora che hai il mio numero se sei al Borgo per Natale dammi un colpo di telefono!
un abbraccio.
Andrea Czortek:
Ciao Fausto.
Grazie del nuovo “m’arcordo” e della foto del gettone telefonico che nostalgia, in questi tempi di telefonini invadenti! Allora il padrone eri tu, oggi i padroni sono loro, i telefonini (ma il mio adesso è spento!).
Non so se è vero, ma quando lavoraro al settimanale diocesano ho sentito dire da alcuni anziani che i primi telefoni fissi non pubblici al Borgo sono stati quelli del Comune, della Buitoni e della Curia Vescovile.
Curiosamente ho fatto caso ad una cosa: nei decenni il numero telefonico della Curia è cambiato a 3, 5 e infine 6 cifre. Di queste, l’unica rimasta invariata
è l’ultima: 3. Che sia un relitto dell’antico telefono numero 3
installato al Borgo? Una semplice curiosità.
Saluti.
É evidente che l’attenta osservazione d’Andrea sull’ultima cifra del numero telefonico della Curia Vescovile, collima con quello che Alfredo ci ha detto sull’evoluzioni dei numeri del Borgo.
Il mio finiva con un 63, mi domando di che fosse stato?
Dopo quello che ha scritto Giovanni Dionisi a proposito del filone cinamatogravico dei “telefoni bianchi” (famosi attori di quell’epoca furono Osvaldo Valenti e Luisa Ferida) ho riguardato il film di Dino Risi dall’omonimo titolo che descrive quel periodo. E proprio nella scena iniziale Agostina Belli ha un telefono bianco, va proprio bene con i suoi cappelli da super-platinata. É un buon film, me l’ero scordato. Non credo che al Borgo ci fu mai un telefono bianco.
Infine parlando con un amico questo mi ha fatto notare che forse quella non fu la mia prima telefonata, ed aveva un po’ di ragione. C’erano state delle comunicazioni via filo molto antecedenti.
Un giorno, penso che ero in quinta elementare (1951), il maestro Guerri arrivò in classe con due coperchietti del lucido da scarpe, un lungo filo ed una candela. Ci insegnò come si poteva parlare a distanza, bastava un sussurro sul coperchietto ed il filo incerato portava la tua voce lontano al tuo interlocutore che aveva portato l’altro coperchietto all’orecchio. Chi di noi non ha sperimentato con questo telefonino?
Mi domando se il come fare questo aggeggio continua ad esser tramandato alle nuove generazioni. Forse no, adesso vogliono un telefonino, uno di quelli veri, quando hanno 4 anni. Io la mia parte l’ho fatta, a suo tempo ne feci uno con Tanya e lei felicissima parlava con il suo amico Tony, che stava dall’altra parte della strada.
6 dicembre 2010, Marblehead, MA USA
Fausto Braganti
dicembre 6, 2010 alle 3:53 PM |
Siiiiiiiii! Appena ti ho letto mi è tornato in mente i telefoni artigianali di noi ragazzi. Ricordo come fosse adesso (e se chiudo gli occhi mi sembra di rivederle) le mie sorelle grandi con mia cugina e le figlie di Torello l’imbianchino e della Libera che si parlavano con i telefoni mentre stavano alle finestre dell’ultimo piano di Via San Bartolomeo. Impostare il collegamento era molto difficile data l’altezza di oltre venti metri dalla strada ma loro riuscivano a farlo e dalle finestre dei numeri civici 1 e 5 si parlavano. Il telefono lo ricordo benissimo era fatto con una scatola di borotalco Roberts (ne veniva usato tantissimo per i bambini) il cui fondo veniva sostituito da una carta oliata quella dei salumi e il cavo era filo di refe della trina molto robusto. Ricordo che la voce faceva vibrare la carta oliata che trasmetteva, si fa per dire, la voce abbastanza comporensibilmante e poi la fantasia aiutava non poco. Ricordo anche che essendo loro molto più grandi di noi a volendo mantere alcune cose segrete avevano codificato una specie di codice che noi più piccoli non riuscivamo a capire; “rogosò nagasà……” ancora oggi per me è sconosciuto e mi vengono in menbte solo alcune strane parole ma domani vado da mia sorella e speriamo che se lo ricordi almeno un po’. Un’altra cosa molto arrangiata ma anche più tecnologica: tele ricordo le radio fatte mi sembra si chiamavano le galene una specie di auricolare di bachelite nera da cui venivano un sacco di strani rumori e un po di musica credo che venissero intercettate le onde corte ma per saperne di più e meglio bisognerebbe ci fosse ancora Giacomino Giannini. E se il Milani Alfredo ne sapesse qualcosa? Mi piacerebbe ascoltare la storia della galena… Tu comunque continua a tenere svegli i nostri ricordi e la nostra curiosità te ne saremo riconoscenti fino alla… A proposito delle foto: ma quel tac… billo vuoi farlo arrivare a Natale?