Ovvero i miei giorni nella torre d’Uguccione.
Il mio viaggio in Italia con due settimane di permanenza al Borgo, quello che tanto avevo atteso contando i giorni che mi separavano dalla partenza, i giorni che calavano, è già diventato memoria, è diventato un M’arcordo… Ora conto i giorni che mi allontanano da quello inevitabile della partenza; ma presto, con la proiezione del tempo, perderò il conto.
Il presente è solo una catena di momenti fugaci; sono come i granelli di sabbia d’una clessidra che precipitano senza sosta dall’ampolla di sopra a quella di sotto. Viviamo in un presente che scorre sempre, impalpabile, che ci sfugge di mano, come fosse acqua. É quello che Doctor Faust invano voleva fermare:
“Verweile doch! du bist so schön.” (Fermati! Sei così bello.)
La memoria ci dà l’illusione di risuscitare il momento, di farcelo rivivere. Come ho già detto altre volte, credo che questa sia proprio l’intima ed elusiva ragione dei miei M’Arcordo…
Per aiutare ad arcordarmi ho scritto delle noterelle sparse durante questa mia permanenza, e le ho scritte alla scrivania con davanti la gran finestra rivolta verso sud, eccone un frammento:
14 feb. 2011, lunedi, notizie dalla Torre d’Uguccione.
Sono le cinque e mezza del mattino, è ancora buio e dalla gran finestra che s’affaccia verso sud non vedo molto. Distinguo appena la sagoma del campanile della chiesa dei Servi, sperduto nella foschia. Questa è stata la mia prima notte al Borgo e considerando lo sfasamento del fuso orarrio ho dormito abbastanza bene; il letto è comodo. Secondo mio cugino sono il primo che abbia dormito in questa stanza in cima a quello che rimane della Torre d’Uguccione, di certo una volta molto più alta. Ma poi sarà poi stata d’avvero d’Uguccione della Faggiola? Quando divenne signore del Borgo nel 1301(?) sarà pure stato da qualche parte, e perchè non qui? Io ci voglio credere: Uguccione m’è simpatico. Mi piace il nome e veniva da Casteldelci, e dato che c’erano grandi foreste di faggi la famiglia prese il nome della Faggiola. Si dice che fosse amico di Dante ed era anche ghibellino e questo mi basta. Ho sempre saputo che se fossi vissuti in quei tempi sarei stato di parte ghibellina.
Non ho visto ancora nessun segno del suo fantasma, e forse anche perchè morì lontano, dalle parti di Vicenza, meglio così.
Il viaggio di ieri da Boston è andato bene. Eventless, che è la cosa migliore; ed il mio bagaglio è ricomparso puntualmente a Roma. Questo è uno di quei piccoli miracoli che mi riempiono di gioia: riconoscere la valigia che compare d’imprvviso e si avvicina lungo il nastro trasportatore. Ho preso il treno per Arezzo e sono arrivato alle 12:45 e mio cugino Franco m’aspettava assieme a Tonino il professore. La prima bella sorpresa: non mi è venuto a prender con un’automobile qualunque ma con la Lancia Fulvia GT Berlina del ’68. Sono ritornato al Borgo con una macchina d’epoca ed in tempo per pranzo, anche se per me era ora di far colazioen.
Rosina aveva preparato i ravioli e l’arrosto misto. Insomma sono artornato in tempo per un tradizionle pranzo della domenica.
Il pranzo della domenica a casa nostra, come in tante altre seguiva dei canoni ben precisi, fedele ad un protocollo tramandato nel tempo, che non permetteva molte varianti. Se non c’erano i ravioli avremmo mangiato le tagliatelle fatte in casa o qualche volta ma raramente e dopo aver molto insistito la mamma faceva le lasagne, quelle con la basciamella. Di secondo c’era l’arrosto misto di pollo e d’agnello; il nonno non mangiava il pollo. Si finiva con le paste, ma non tutte le domeniche; in casa mia non c’era gran tradizione di far dolci.
Il pranzo di ieri al Borgo mi ha ridato fiducia: la tradizione continua. La Rosina dopo gli ottimi ravioli, da noi i ravioli sono solo quelli con ricotta e spinaci, ha preparato l’arrosto misto, agnello e pollo, quello vero, ruspante, che differenza!
E poi è arrivata l’ora d’andare all’appartamento nella torre, dove alloggeró per le prossime due settimane. Si eleva nel dietro d’un palazzo con l’ingresso per la Via Maestra, non lontano dalla Piazza Torre di Berta, e dà in un cortile interno.
Dopo anni di lavori di restauro nella cima di questa torre che di certo faceva parte d’una struttura fortificata, forse più castello che palazzo, è stato ricavato un appartamento su due piani: cucina e bagno in basso ed una gran camera da letto sopra con quattro finestre. Infine si sale alla terrazza che offre una fantastica veduta a 360ᵒ. Si vede la facciata del Duomo, altre torri e campanili e si dominano dall’alto i tetti rossi del Borgo, e poi ci sono i paesi lontani sulle colline e le montagne che circondano il tutto.
Si, ci sono molti scalini: 51 per arrivare dalla strada ad un piccolo pianerottolo da dove si vede chiaramente che si accede ad una struttura differente dal resto del palazzo. Da qui s’entra nell’appartamento per una stretta porta di certa tradizione medioevale. 16 scalini per salire dal soggiorno – cucina alla camera da letto e da questa ancora 15 scalini di legno per raggiungere la terrazza.
Di torri a Sansepolcro ce n’erano tante ma terremoti e guerre le hanno dimezzate in altezza quando non le hanno distrutte del tutto. Voglio credere che proprio una di quelle che emergono da sopra la spalla destra del San Gerolamo di Piero della Francesca sia quella in cui ho dormito ‘sta notte.
Come ho detto sono il primo ad riabitarci, diciamo che sono un collaudatore. Mio cugino ha fatto un accordo con un’agenzia immobiliare ed anche con una di viaggi inglese che ne promuoveranno l’affitto ai turisti desiderosi d’un’esperienza differente. E a parte la spettacolarità del posto ci sono delle caratteristiche storiche che posson esser di grande attrazione.
Sono salito sul terrazzo, le prime pallide luci dell’alba hanno illuminano con una luce azzurrina il Borgo. Non avevo mai visto il Duomo e campanile da questo punto di vista. É bellissimo, semplicemente bellissimo e per me che vengo da lontano è stato emozionante .
Ecco da dove son partito!
Durante queste due settimane ho avuto modo d’invitare molti amici e conoscenti a vedere l’appartamento ed anche la veduta dalla terrazza. A parte la sorpresa di trovarsi all’improvviso sopra i tetti rossi del Borgo ed ammirare la bellezza del paesaggio, in tutti c’è stata l’emozione dello scoprire qualcosa di cui ignoravano l’esistenza. Infine una bella ed elegante signora quando ha saputo che stavo nell’appartamento nella torre mi ha detto:
“Oh! Ci sono stata, è bellissimo e come è ben arredato!” Ed ha aggiunto con un gran sospiro “ e così romantico!” i suoi occhi brillavano d’una luce nuova.
Adesso nel palazzo ci sono solo uffici.
Ma chi abitava nel palazzo? La persona di cui m’arcordo era un vecchio proprietario, il Sor Bista Besi che tragicamente morì verso la fine degli anni cinquanta. Gestiva un negozio d’alimentari nello stabile sulla strada. Allora lungo la Via Maestra c’erano tante botteghe d’alimentari e di verdura come oggi ce ne sono altrettante d’abbigliamento e di scarpe. M’arcordo d’un gran cartello pubblicitario del Fernet Branca che dominava sopra la porta d’ingresso. Mi piaceva quell’aquila che volava sopra il mondo con una bottiglia del liquore stretta negli artigli.
Anche il Sor Bista era un cliente che nelle sere lunghe d’estate compariva al caffè di Bruno pasticciere. Era gentile e triste, aveva una strana e rara malattia che gli aveva deformato il naso, questo era grande, rosso e tutto bitorzoluto: faceva impressione, ma poi ci avevamo fatto l’abitudine. Mi dispiaceva per lui, mi sembrva sempre solo, non s’era mai sposato. Morì bruciato, era stato imprudente ed aveva fumato a letto.
Durante questa mia permanenza mi è stato anche raccontato da un suo vecchio inquilino che il Sor Bista era un accanito cacciatore ed anche appassionato di musica lirica. Non so come fu, ma ebbe modo d’invitare a caccia un altro famoso cacciatore: Giacomo Puccini. E questo accettò l’invito e venne al Borgo e fu suo ospite nel palazzo ed assieme andarono a caccia. Mi domando se lo portò nella torre per ammirare il panorama. Voglio pensare di si.
Le due settimane son passate velocemente, Forse serei dovuto stare un mese per vedere e stare con tutti gli amici che volevo riincontrare.
Di foto dalla torre ne ho fatte tante, dalla terrazza e dalle finestre, a tutte le ore, con il cielo nuvoloso e con il cielo sereno. Questa è l’immagine che avevo quando mi alzavo dal letto al mattino, quando i primi raggi del sole illuminavano quello strano campanile della chiesa dei Servi e con l’aiuto di photoshop ho fatto sparire un po’ d’antenne.
Pas mal!” ha detto mia moglie Pascale, le ho promesso che ce la porterò
11 marzo 2011, Marblehead, MA USA
I vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete! Fausto Braganti
Facebook: Fausto Braganti
Skype: Biturgus (de rado)
questo il sito internet della torre, come pubblicizzato da una compagnia inglese:
marzo 11, 2011 alle 4:57 PM |
Grazie per l’onore di avermi reso partecipe di “cotanta” bellezza che si vede dal tetto della torre. Certo un mese sarebbe stato molto meglio e proponbzionalmente avremmo passato assieme non due ma quattro mezze giornate. Però a pensarci bene… credi che dopo un mese dentro il tuo Borgo non ti sarebbe sembrata comunque troppo breve la tua permanenza? Io credo che fuori del Borgo sarei un uomo perso. Ho abitato per due anni nella più bella città d’Italia la nostra meravigliosa Firenze ma al sabato non riuscivo a stare un momento in più e correvo al Borgo… con tutto il mio impegno non riesco a pensare quali possano essere le tue sensazioni quanto ci torni….Io e Aidi ti aspettiamo nel frattempo giovedì prossimo centopelli alla tua salute!
gennaio 1, 2014 alle 11:16 am |
questo signor Besi,l’ho conosciuto anch’io e ti sembrerà strano, ma più che il naso bitorzoluto, di lui mi ha colpito la grande tristezza che emanava dal suo sguardo, Infatti aveva sempre gli occhi lacrimosi, ma non so se fosse tristezza o malattia e siccome da piccola pensavo che gli uomini(intesi come maschi)non piangessero, quest’uomo ha colpito la mia fantasia.