Non credo che il nonno Ulisse abbia mai incontrato l’ufficiale austriaco, magari era uno di quelli col monocolo. Forse si sono sparati addosso.
Tre anni fa pubblicai, in occasione del 4 novembre un M’Arcordo… che non era il mio, ed era il 25simo
https://biturgus.wordpress.com/25a-m%e2%80%99arcordo%e2%80%a6il-nonno-ulisse-di-giovanni-acquisti/
Giovanni Acquisti ci aveva raccontato la storia del nonno Ulisse Donnini, nonno dell’Aidi e d’Attilio, morto pochi giorni prima che la guerra finisse. Ed era una storia che appartiene a noi tutti. E proprio oggi voglio ricordare Ulisse ed anche sua moglie Evelina che invano l’aveva atteso; il suo letto sarebbe rimasto vuoto per sempre. Dove sono andati a finire i sogni ed i desideri dei due cosi tragicamente separati?
Son passati 93 anni dalla fine della Grande Guerra, come la chiamavano i nostri nonni, per loro non era ancora diventata La Prima… loro avevano sperato che quella sarebbe stata l’ultima.
Il maestro Guerri era diventato orfano di guerra a cinque anni. La nave diretta in Albania (credo) dove si trovava il padre finì in fondo all’Adriatico dopo esser stata colpita da un siluro austriaco. Il maestro come al solito aveva le sue idee e per lui quella era stata la Quarta Guerra d’Indipendenza.
Questa volta voglio arcordare anche il nemico, uno di quelli che stavano accuciati nell’opposta trincea, ovvero quell’ufficiale dell’esercito austro-ungarico di cui a suo tempo pubblicai degli stralci del suo diario, in un altro M’Arcordo… il 26simo. Anche lui come Ulisse non vide la fine della guerra.
https://biturgus.wordpress.com/2008/11/09/26-m’arcordo……-del-diario-dell’ufficiale-austriaco/
Di lui non ho nessuna immagine, e non so neanche come si chiamasse, ma in fondo mi sembra d’averlo conosciuto o meglio: avrei voluto incontrarlo, magari in un caffè a Venezia o a Parigi. Son certo che avremmo avuto molta da dirci. Oggi mi debbo accontatare di conoscere, od almeno immaginare la donna dei suoi sogni, Madame Récamier, per lui l’incarnazione dell’eterno femminino.
Juliette Récamier, vissuta a Parigi ai tempi di Napoleone, doveva esser una donna bellissima, il pittore David la ritrasse reclina in un divano ed il quadro si trova al Louvre. Era questo questo quello che l’ufficiale aveva visto?
Un paio d’anni fa, durante una mia visita al Museo Carnevalet, sempre a Parigi, ho scoperto un altro suo ritratto, del 1805. Questo é l’opera d’un pittore meno conosciuto, François-Pascal-Simon Gérard. Appare sempre bellissima nel suo vestito leggero stile impero. Il suo semplice e solare splendore di donna la rende personificazione ideale del Romanticismo. Mi son fermato ad ammirarla a lungo ed ho pensato all’ufficiale: ero certo che molto tempo prima anche lui era stato proprio lì, in quella sala, ad ammirare la donna che avrebbe vissuto nei suoi segni. Mi son sentito vicino a lui, e poi mi son rattristito, rattristito tanto. Forse prima di morire sull’aride colline del Carso ha pensato a lei, e come uomo senza fede non aveva avuto neanche la speranza, o sarebbe meglio dire illusione, di incontrarla nell’aldilà.
Fausto Braganti
Marblehead 4 novembre 2011
novembre 5, 2011 alle 4:35 am |
E bravo Fausto,
con la tua naturale abilità descrittiva hai toccato il tema più orrendo che possa riguardare l’umanità, la guerra, anche se una certa differenziazione fra attaccanti e difensori ritengo vada sempre fatta, ma senza troppa enfasi. In effetti quando sei in ballo nel bel mezzo di uno scontro quelli che non torneranno lasceranno dietro di loro una scia di affetti spezzati che vanno rispettati da entrambe le parti.
Almeno questo e quanto ho potuto recepire dai racconti di guerra di mio nonno Nicola, 17 anni di guerre, dalla prima guerra mondiale, in relazione alla quale mi descriveva le sue peripezie come portaordini, alla guerra d’Africa, alla seconda.
Ed anche mio babbo Olinto, che col suo fucile mitragliatore, che chiamava scherzosamente “caterinetta”, mi ha raccontato le sue peripezie della guerra d’Africa e della seconda guerra mondiale, in Jugoslavia, ma descrivendomi soprattutto i rapporti che soldati invasori, nel proprio caso suo malgrado, avevano od avrebbero potuto avere con le popolazioni invase che, in buona sostanza, specie per quanto rigurdava la Jugoslavia, non avrebbero avuto nei loro confronti quella animosità che poi si sarebbe scatenata grazie ad ufficiali troppo “inquadrati” e compresi del proprio ruolo di invasori ed anche di assassini.
Per questo capisco la comprensione che hai sia per i nostri soldati e le loro tragedie personali, sia per i soldati avversari, in effetti a volte sono tutti da abbracciare come il “caporale, con la su’ brava mazza di nocciolo, duro e piantato lì, come un piolo” di Giusti, incomparabile descrittore della idiozia della guerra che nessun popolo vuole, ma che i soliti noti, e qui ci si può sbizzarrire ad individuarli, vogliono, naturalmente sulla pelle degli altri, un po’ come le tasse.
A presto risentirci.
Giovanni