63 M’Arcordo… quando leggevo i giornalini.

“Qui comincia l’avventura

del signor Bonavventura

e del fido suo bassotto

che color ha del risotto” 

 

                                                           

 

Ancora mi ricordo queste strofette del signor Bonaventura, che compariva settimanalmente nel Corriere dei Piccoli. Io lo chiamavo il Corrierino.  Lui era un fortunatissimo signore e tutte le sue innocenti avventure finivano bene ed era sempre compensato con un milione, cifra a quel tempo inimmaginabile. Il Corrierino costava 20 lire e potevo ancora ordinare un gelato, un cono da 10 lire.  Qualcuno mi disse che prima della guerra il signor Bonaventura vinceva 1.000 lire invece d’un milione. Quella fu la mia prima lezione d’economia politica: dopo la guerra c’era stata la svalutazione.

E pensare che a scuola ho sofferto tanto per imparare le poesie a memoria ed ora dopo tutti quest’anni mi ricordo ancora queste rime. Quello che mi rimane ancora difficile da immaginare, di quale risotto si parla?
C’era anche il Sor Pampurio che era sempre arcicontento, ma di lui ho solo vaghe immagini. Invece m’arcordo bene del capitan Cocoricò sempre alle prese col le malefatte dei birbanti nipoti Bibì e Bibò; il tutto si svolgeva in un posto lontanissimo dal Borgo nel tempo e nello spazio: in qualche colonia tedesca in Africa,  prima della prima guerra mondiale! Ma questo lo scoprii venendo poi in America, perchè i Katzenjammer Kids erano nati proprio qui, alla fine dell’ottocento.

Sempre a proposito del Corrierino ricordo che c’erano delle storie che oggi sarebbero di certo censurate per il loro spuderato razzismo, politically incorrect. I personaggi africani non mostravano grande acume e finivano sempre per esser coglionati. Alcuni portavano l’anello al naso. Forse oggi questo sarebbe stato consideraro segno delle nuove mode, in quei tempi era solo segno di barbarismo. Mi sembra che fossero queste storie che finivano sempre con la famosa battuta:

“Alla prima che mi fai,

ti licenzio e te ne vai.”

Credo che i primi veri fumetti, non con il testo scritto in rima sotto la vignetta, li vidi a casa dei miei cugini Ciuchi. Loro erano grandi, loro sapevano leggere ed io no.  Io potevo solo guardare i disegni, non ero capace di sapere cosa dicevano in quelle nuvolette, ma la mia immaginazione m’aiutava a scrivere la storia nella mia mente. Se riuscivo a procurarmi uno di questi giornalini  cominciavo una lagna continua, andavo in giro per la casa cercando qualcuno che mi lo leggesse.

E quello che mi piaceva di più era Gordon Flash.

Quando venni a vivere in America ci varie furono sorprese. Una, ed i fumetti non c’entrano niente, fu quella di scoprire che Stanlio ed Ollio in realtá parlavano in inglese, mi mancò la voce d’Alberto Sordi. Scoprii anche che Gordon Flash era Flash Gordon.

 

Gordon divenne per me il grande eroe e forse fu proprio per conoscere le sue fantastiche avventure che mi diedi tanto da fare per imparare a leggere, non potevo piú aspettare di trovar qualcuno che mi aiutasse. E subito mi innamorai di Dale, lei era bellissima. Il supercattivone Ming di certo alla fine sarebbe stato sconfitto e castigato, non avevo dubbi. Ma c’era un problema, i giornalini di Gordon eran piú grandi della media, erano a colori ed erano i più cari. Non mi era facile convincere i genitori a comprarmene uno.

Al Borgo c’erano tre edicole, l’ho giá arcontato in un’altra storia. In piazza c’era ‘l Bigi, detto anche Bigiarino, poi davanti alla macelleria della Maria c’era ‘l Boncompagni con la Sora Cecca ed il Sor Italo e a Porta Fiorentina il Nicastro. Noi s’andava dalla sora Cecca e credo solo perchè era la più vicina a casa nostra. Lei era sempre gentile e paziente con noi citti, e se si cercava di sbirciare fra le pagine dei fumetti che non ci potevamo permettere di comprare, faceva finta di non vedere.

Il babbo prendeva La Nazione tutti giorni, poi c’erano i settimanali: L’Europeo, la Domenica del Corriere e la Settimana Enigmistica. La mamma leggeva Intimitá. Per questo il babbo la prendeva in giro dicendo che quello era un giornale per le serve, e lei si difendeva rispendondo che quello delle serve era Grand Hotel, dove c’era anche l’oroscopo. Poi cominciava lei a prenderlo in giro perché lui faceva le parole incrociate. Il battibecco continuava, ma scherzavano, non c’era ostilitá.

Ai quei tempi, almeno a casa mia, non si leggeva l’oroscopo, pensavano che fosse solo supestizione e stupiditá. Don Ferrante, quello dei Promessi Sposi, che muore di peste incolpando la congiuntura delle costelazioni, mi fu poi indicato come esempio di tanta stoltezza. Io avevo solo una vaga idea dei segni zodiacali,. Non ho scoperto che ero un “pesce” fino a quando sono andato all’universitá. Questa mia ignoranza mi trovò impreparato a risolvere una situazione, con importanti conseguenze di carettere sessuale, ma questa è un altra storia e non so manco se ve l’arconto. Vedremo.

La Sora Cecca appendeva i giornali e giornalini nuovi fuori della porta. Li attaccava ad un filo con le mollettine, come fossero panni ad asciugare; poi a cascata ne attaccava altri, uno sopra l’altro. Tutte quelle immagini, quei colori, erano la promessa d’avventure senza fine.

Quando il babbo andava a trovare il suo amico Corradino, che aveva il negozio di ferramenta li accanto, io mi fermavo sempre per controllare cosa c’era di nuovo: Topolino, Madrake, Tom Mix, Gim Toro, Tarzan. Questi sono i primi nomi che mi ricordo ma di certo ce n’erano altri. Sapevo che il babbo me ne avrebbe comprato qualcuno, ma non di certo tutti, come avrei voluto io.

Poi scoprii Tarzan e lui divenne il mio preferito, almeno per un certo periodo. Conoscevo Tarzan anche dai film, ed ogni volta che ne arrivava uno cominciava un’altra lagna perché volevo andarlo a vedere. Alla mamma non piaceva, cosi toccava al babbo di farmi da scorta. Poi quando avevo circa 10 anni ci potevo andare anche da solo, o meglio con qualco amico, se c’era uno spettacolo nel pomeriggio.

Tarzan era forte e viveva nella jungla e batteva sempre tutti i supercattivoni. Era il mio eroe supermuscoloso, un giorno sarei stao come lui, illusioni di gioventù. Ho portato la mia piccola collezione di tascabili in America.

Il maestro Botta era un gran maestro. Lui capiva i bambini. Fu proprio lui, e lo sentii con i miei propri orecchi, che disse al babbo che era meglio leggere i fumetti piuttosto che non leggere niente. Di certo il babbo, che ancora sperava che io leggessi “I Miserabili” o “Guerra e Pace” quando avevo 10 anni, s’era lamentato con lui per le mie letture. Ancora Arduino Brizzi non ci aveva salvato portando rispetto e credibilitá a tutta questa cultura popolare.

Fra noi ragazzi c’era una gran traffico di scambi e grandi litigate quando un giornalino spariva.

“Con te ‘n faccio piú a cambio!” E questa era una promessa, non una minaccia. Un giorno comparve alla mia porta ‘na citta che mi piaceva tanto. Aveva saputo della mia collezione di Topolino, ed io che non l’avrei data a nessuno non seppi dirle di no. Non li rividi piú.

Comparivano poi altri fumetti, di propaganda politica, ma questo avveniva solo in clima elettorale. Per le elezione politiche del giugno 1953 mi capitò fra le mani un gran fumetto di “1984” di Orwell. Lo lessi con grand’interesse. Non credo che lo scrittore, imparando poi a conoscerlo meglio, sarebbe stato molto soddisfatto di questa interpretazione democristiana del suo lavoro.

Poi cominciai a legger libri, ero diventato grande ed i fumetti erano per i citti picini. Cominciai con i libri dei ragazzi della Salani per poi passare a Verne e Salgari. Nel giro di cinque o sei anni passai ai cosidetti classici. Cominciai con Edgar Allan Poe, Cecov e Maupassant e lessi di tutto, avidamente e feci contento anche il babbo con Hugo e Tolstoi.

 Agli inizi degli anni sessanta ed io ero giá  all’universitá, usci un nuovo tipo di fumetti, quelli per adulti e credo che Diabolik fu il capostipide di tutta una serie d’eroi, o meglio di antieroi. Diabolik era un cattivo che alla fine non veniva mai punito, e di certo non poteva esser portato come un esempio. Questo era al di fuori della norma: penso che  sarebbe potuto essere un personaggio creato dal Marquis De Sade. Divenne popolarissimo, credo che si ancora pubblicato.  Anche il formato era differente, come un libro tascabile.

In quello stesso periodo uscì un romanzo francese “Angelica, la Marchesa degli Angeli” ed ebbe un gran successo. La scrittrice cominciò a sfornare  tutta una serie di romanzi,  con l’avventure moderatamnete erotiche di questa bellissima eroina del XVII secolo, ma per quei tempi era tanto.  Angelica con le sue grazie seduceva tutti, re, pirati, briganti, sultani e perfino il marito. Non potevano non farne un film e Michelle Mercier divenne Angelica sullo schermo e fummo tutti perdutamente innamorati di lei. Corremmo a vederla e a sognarla. Anche i film si moltiplicarono, e si perse il conto degli amanti, so solo che io non ero nella lista.

A qualcuno venne una brillantissima idea ed inventò Isabella, Duchessa dei Diavoli, un altro fumetto per adulti. Isabella era bellissima, indomabile ed assomigliava tanto ad Angelica. Sapeva usar con destrezza non solo la spada: aveva a sua disposizione altre armi e non erano segrete, infatti le metteva sempre in bella mostra. Riusciva sempre a superare le piú difficili ed incredibili situazioni, per vincere e finire nuda fra le braccia d’un nuovo amante; e noi lettori speravamo sempre di incontrarne una come lei.

Ma dopo tutto non mi posso lamentare. Avevo a quei tempi una ragazza anche lei avida lettrice di Isabella. Avevo scoperto che era una buon’idea lasciare un fumetto sul tavolo quando mi veniva a trovare. Appena lei lo vedeva doveva leggerlo tutto, ed io ero paziente. Avevo scoperto che la mia attesa sarebbe stata ben ricompensata, Isabella era sempre un’ottima modella da imitare. Chissá cosa sarebbe successo se avessimo avuto i libri di Milo Manara?   

Infine arrivarono i comics, e questi erano per i grandi. Il mensile Linus, che il mio amico Paolo comprava regolarmente, ne fu il promotore ed anche in Italia si conobbero le avventure di Charlie Brown, dei suoi amici e dell’immancabile Snoopy  C’era una certa snobberia, ci volevamo illudere che quelli erano fumetti per gli intelletuali. Mi  piaceva il preistorico B.C. , ma gli osceni disegni del francese Wolinski erano i primi che andavo a cercare. Seguivo anche con grande intersse le avventure di Valentina. Credo che quando Crepax decise di disegnare le gambe di Valentina alla radio suonavano la canzone “Senza fine.”

Nel ’68 andai in Inghilterra e poi in America e questo é tutto ‘n’altro discorso, ma forse ‘n merita manco fallo.

 

 Per finire voglio ricordare a tutti il caro amico Arduino Brizzi che con la sua lungimirante e paziente ricerca riuscì a raccogliere un’incredibile collezione di fumetti, salvando dall’oblio un’importante parte della cultura popolare.

 

6 dicembre 2009, Marblehead, MA USA                         

                                                              

I  vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete! Fausto Braganti      

 

ftbraganti@verizon.net

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