tempo di far la valigia
’sta volta sará forse un po’differente, non sará solo una ricerca archeologica dei miei ricordi, ma anche delle emozioni che precedono la partanza e considerazione sulle aspettative di quello che sará. Si, sto per partire, sto per artornare al Borgo…
Vi prego di notare che ho usato il verbo artornare, indicando un ponto da dove sono originariamente partito e non il verbo andare che indica solo una destinazione.
Nei prossimi giorni cercerò poi di tenere una spacie di diario di quelle che sararro le mie esperienze e sensazioni, ho programmato una permanenza di due settimane a Sansepolcro. Questo è un fatto eccezionale. Dalla fine di luglio del 1970, quando son partito per gli Stati Uniti non sono mai rimasto al Borgo per un periodo così lungo. Ho fatto centinaia di viaggi ma poi alla fine non son mai rimasto piú d’una settimana. Un’amica mi ha chiesto, e non so se fosse sorpresa o semplicemente curiosa,
“Due settimane? E perchè?”
“E perchè no? Mi sembra ch’era l’ora di farlo. Voglio vedere se mi annoio al Borgo ”.
Nel mio primo M’Arcordo… , e son passati quasi tre anni, pubblicato nel mitico “Ghiozzo”, in quella specie di preambolo sulla memoria individuale e su quella colletiva, ho raccontato dell’emozione di dare l’ultimo sguardo verso la Val Tiberina, al Borgo, alle montagne, prima di scendere dall’altra parte dopo Anghiari. Ma quali sono le emozioni di quando s’artorna. Non credo d’aver mai raccontato di quella mia prima volta che son ritornato dagli Stati Uniti. Venivo per Natale (1971) dopo un anno e mezzo d’assenza, non era stato mai via per così tanto tempo. Fu un viaggio lungo e penoso (Boston-New York-Faro-Lisbona-Madrid-Roma), con tanti problemi di mal tempo, sembrava che ci fosse la nebbia ovunque. Il povero Piero Mechina pazientemente ci aspettò a Fiumicino per piú di dodici ore, prova di vera amicizia.
La mia speranza di rivedere la valle che si apriva a tutta vista, con al centro il Borgo dopo la curva dell’ospedale in cima alla salita d’Anghiari, non si materializzò. Arrivammo ch’era notte e sembrava che la nebbia ci avesse inseguito fin li.
Cerco d’arcordare come mi sentivo. Di certo contento, tornavo fiero d’artornare con mia moglie e portare Tanya, che aveva solo quattro mesi, quella era la sua prima volta. Avrei passato il Natale con la mi’ mamma, il pranzo di Natale con i cappelletti, e quella fu l’ultima volta, non l’avrei piú arfatto.
Il primo giro per la Via Maestra segue sempre un rituale ben preciso, direi codificato con due domande d’ordinanza:
“Oh! Ma quando sei arrivato?”
Ed alla mia risposta ne segue un altra con una possibile variante anche se il contenuto rimane lo stesso:
“Quando arparti?” oppure, “Quanto resti?”
Spesso l’interlucore aggiunge:
“Ma se sta bene al Borgo?!” ed io son confuso, perchè non so mai se questa sia una domanda oppure un’affermazione. So che si aspetta una risposta affermativa, non ci sono dubbi: Sansepolcro è in assoluto il posto migliore al mondo dove uno possa vivere. Forse fanno la stessa domanda anche a quello che abitava a Round Pond (Maine) quando ritorna dopo una lunga assenza. In tutto il mondo ci sono quelli che son convinti che il loro paese è sanza dubbio il migliore, il piú bello del mondo. Ed hanno tutti ragione, quello è quello che conoscono meglio, quello che chiamano “casa”, dove si sentono sicuri, dove il cibo non ha misteri.
E a questo proposito qualche volta c’è un’ulteriore domanda:
“Ma perché sei andato via?”
Doriano era piú specifico, infatti spesso mi diceva:
“ Ma che ci se gito a fére ‘n America? Artorna a casa che se sta’ meglio miqui!”
In fondo forse aveva ragione, io ne son la prova, artorno spesso, vuol dire che ne ho la nostalgia, vuol dire che ci sto bene. Ma non ho una mai una risposta soddisfacente: è vero che faccio visite frequenti ma poi riparto sempre.
Mi domando davvero come sarebbe se io artonassi per armanere. Ma chi lo sa?
Non essendo mai stato mai troppo a lungo lontano ho sempre avuto modo di adattarmi facilmente ai cambiamenti. Il Borgo può tranquillamente vivere senza di me e riinventare se stesso. Ci sono e ci saranno sempre piú giovani che incrocio per la Via Maestra che non conosco.
Uno dei primi rituali é l’aggiornamento di chi é morto. Per anni la mia prima visita era al negozio di Paolo Massi, che sempre mi salutava come se non fossi mai andato via, per lui era normale che l’andassi a trovare, come se ci fossimo lasciati la sera prima. Ed ora Paolo non c’é piú.
Con Giorgio Biagioli era differente, e come mi sembra d’aver giá detto, lui mi offriva un servizio di trasporto a domicilio. I programmavo il mio artorno e lui i suoi voli, e poi veniva a prendermi col un DC10. Si partiva assieme e spesso mi faceva stare in cabina, a Fiumicino c’era la macchina e s’andava al Borgo. Ed ora Giorgio non c’é piú.
Questo viaggio era stato programmato anche per celebrare con altri alunni ormai diventati nonni i cent’anni del maestro Guerri, ma questi ci ha lasciato solo due settimane fa. Andremo a trovarlo al cimitero senza fiori.
I negozi per la Via Maestra son cambiati ed il numero di quelli d’abbigliamneto ha proliferato, in compenso son diminuiti quelli di alimentari o di verdure. Non c’é piú il Ceppo (Mario Foni) che faceva le corone da morto che odoravano di tartufo.
Ogni volta mi riadatto un pochino.
Adesso è sabato mattina, la valigia é fatta anche se non chiusa. Ho controllato la situazione: il volo in arrivo da Roma è in orario e questo mi fa sperare che anche quello in partenza, il mio, lo sará. Se non ci sono intoppi dovrei essere al Borgo per pranzo, verso l’una e mezza o le due di domani. In tempo per il pranzo della domenica.
Ci sará anche un’altra novitá durante questa mia permanenza: starò entro il Borgo, ovvero entro le mura. Non succedeva da tanto, tanto tempo. Dormirò in un appartamento in cima ad una torre, quella ch’io chiamo la torre nascosta, la torre d’Uguccione. Fino a quando un giorno mio cugino mi portò a vederla io non ne conoscevo l’esistenza. Non é lontana dalla Piazza di Berta ma dá in un cortile interno ed incorporata in un edificio, di certo uno dei piú antichi del paese, infatti si dice che fosse d’Uguccione della Faggiola. Anche questa é una torre mozza, come le altre del Borgo è stata vittima nei secoli di tanti terremoti. Mio cugino l’ha fatta restaurare e adesso é abitabile. C’è una bellissima terrazza che permette una spettacolare vista dei tetti rossi e della valle e delle montagne.
E sarò solo! Forse? Mi verrá a trovare il fantasma d’Uguccione? Di certo gli dico subito che anch’io son di parte ghibellina. Questo dovrebbe esser sufficente per calmarlo, se avesse intenzioni cattive.
Ve lo farò sapere.
12 febbraio 2011, Marblehead, MA USA
Facebook: Fausto Braganti
Skype: Biturgus (de rado)
febbraio 12, 2011 alle 1:23 PM |
Avere un cugino coi guadrini è come avere ‘n bel culo! Becia el secro solo quande arivi che la lega dici che el 150’ è ‘na festa incostituzionele! Essere ‘mbecelli me sta bene ma cosè è ‘n po’ tropo o no? Loro l’han duro se! El cervelo!
marzo 3, 2011 alle 12:37 PM |
Tra tutti i m’arcordo che hai scritto, questo è quello che sento più vicino. Forse perchè non è un vero m’arcordo, o forse perchè molte delle tue sensazioni sono anche le mie.
Certo non ho la tua esperienza, nè i tuoi anni sulle spalle, ma come te preferisco rientri frequenti e di breve durata e come per te, quando sono al Borgo, anzi in Valle, la Valtiberina vedo sempre di più come un unicum, il mio sguardo è più rivolto al passato, piuttosto che al presente o tantomeno al futuro.
I moti che ci spingono altrove, possono essere molteplici e di natura estremamente diversa. Credo che alla fine, però ci sia una base comune. Noi non ci siamo accontentati di sentire quel posto come il migliore del mondo, perchè noto, perchè sicuro. Probabilmente perchè crediamo che tutti i posti possano diventarlo, arricchendoci sempre di più. E che quel processo di conoscenza che per molti si ferma quando hanno raggiunto una certa stabilità per noi è infinito. Quando mi capita di restare in valle per più di quindici giorni, comincia a prendermi un languido malessere, e quella sicurezza, quella notorietà cominciano a diventare le barriere fisiche e mentali di una prigione dorata che ho deciso di sfondare. Rimarrà sempre il posto che ci ha generato, a cui saremmo sempre grati, rimarrà un posto dove ritorniamo e non dove andiamo, rimarrà un posto che ci ha dato la spinta per partire. Alla fine il Borgo è nato in un crocevia, non è altro che uno dei tanti Mercatali sparsi per l’Italia. Un posto di passaggio. Che ne abbiamo colto l’essenza più di altri?
Lapo Magi
P.S. Nn ce l’ho fatta a scendere in questo periodo, mi dispiace ti avrei visto volentieri!