040 M’Arcordo… io, la musica e…i Befani de la Montagna.

Questo lo dedico alla memoria di Paolo Massi, che più d’un amico fu per me il fratello che non ho mai avuto.

“la befania la piu’ bella festa che ci sia…..”

“la befana de quest’anno non e’ come quella d’ anno…”

 

In casa mia, sia da parte de babbo che de mamma, non c’é mai stato nessuno che abbia imparato a suonare uno strumento. In casa c’erano una ghitarra ed un mandolino, solo perché il babbo li aveva vinti ad una fiera di beneficenza; dormirono stonati per anni su un vecchio divano nel salotto, erano diventati solo degli oggetti decorativi. La mia educazione musicale fu inesistenze. L’unica canzone che credo mio nonno sapesse e che raramente gli ho sentito canticchiare, era “Il 16 d’agosto, sul far della mattina…” che narrava le ultime tragiche ore dell’anarchico Caserio in attesa della ghigliottina. Se si andava in gita, allora sì che si cantava. “Quel mazzolin di fiori…” e simili canzoni, erano le più gettonate, come avremmo detto anni dopo. Insomma io di musica non ne sapevo niente. Ascoltare alla radio il Festival di San Remo e più tardi “il Musichiere” alla televisione non credo abbia migliorato di molto la mia conoscenza e sensibilitá. A mia madre piaceva Luciano Taioli, e non vi dico altro.

Una volta, avró avuto circa 14 anni, andai di mia spontanea volontá dal maestro di musica comunale e presi due lezioni di 5 minuti ciascuna; nella prima mi disse che le note musicali erano 7 (do,re….si) e questo lo sapevo, poi mi ordinó:

“Vai a casa, studia, e torna domani!”

 Il giorno dopo tornai e dopo avermi interrogato sulle sette note, mi disse, e questo non lo sapevo, che c’erano i tempi musicali (croma, semicroma…). E come il giorno prima mi disse di andare a casa, di studiare e di tornare il giorno dopo. Questa fu la seconda ed ultima lezione di musica, e non ci ritornai.

Ai matrimoni c’erano quelli che cantavano gli stornelli, con i giochi di parole ed i significati sottintesi, gli altri capivano e ridevano ed io li stavo a guardare. Ogni tanto comparivano gli zampognari, credo che fossero abruzzesi o molisani, e questa era la musica folkloristica che sentivo. Quando la mi’ mamma li sentiva cominciava a dire che portavano la pioggia.

“Ma perché non vengono mai d’estate? Alora ce ne sarebbe bisogno.” Concludeva.

Ai tempi del liceo scopri che la musica che mi piaceva era quella lenta, che alle feste da ballo ti permetteva di stringere le citte, e se queste erano della stessa d’idea, volava dire che ci stavano, la musica ti aiutava a raggiungeva il sublime. D’estate, quando s’andava al mare c’erano i juke-box, ma ci si doveva metter soldi ed io speravo sempre che lo facessero gli altri.

Verso i 18 anni cominciai anche ad ascoltare qualche pezzo di musica classica: roba semplice, tipo la “Marcia Turca” di Mozart. C’era anche un Carosello con questa come sottofondo. Forse era “Angelino” che pubblicizzava un detersivo?

Verso il ’64 ci fu il grande spettacolo di Dario Fo “Bella Ciao”. Aveva raccolto un gruppo di cantanti e cori, non professionisti, di musica popolare, quella che veniva poi identificata come folkloristica, e di protesta politica. Erano gente semplice, operai, mondine, contadini che cantavano canzoni della loro terra e di ribellione. Ci fu un gran seguito di polemiche e controversie e al centro di queste la canzone “Oh Gorizia, tu sia maledetta!”  Credo di ricordare che ci furono denuncie per diffamazione.

Io non vidi mai questo spettacolo, ma Paolo Massi, che per Natale aveva ricevuto un registratore, uno di quelli con il nastro, lo aveva registrato da un disco d’un’amica. Credo che lo abbiamo ascoltato migliaia di volte. Non  é passato di moda. La casa editrice musicale Chantes du Monde ne ha prodotto un’ottima copia digitalizzata e mia cognata francese, che conosceva il disco “Bella Ciao”, me ne ha regalato una nuova copia.

Poi una sera, sempre con Paolo Massi ed altri amici, andai in un locale a Firenze, mi sembra che si chiamasse “Il Cabaret” in Via degli Alfani, non lontano da Via Cavour e quella fu per una gran scoperta, una rivelazione. Suonavano e cantavano musica e canzoni popolari ricche di storia, di tradizione ed anche con forte significato politico. Siamo a tempi dell’inizio della guerra del Viet Nam. Il 1968 non é lontano. Fu il mio primo contatto con la musica folk.  Fu allora che scoprimmo Caterina Bueno. Non solo aveva la voce ideale per cantare musica folk, ma lei stessa aveva fatto ricerche ed aveva resuscitato canzoni e ballate toscane che stavano per scomparire se non ci fosse stata lei.  La seguimmo, per quanto fosse possibile, ogni volta che dava un concerto Una volta portammo di nascosto perfino il registratore. Sentii cantare “Maremma Amara” per la prima volta proprio da lei e non l’ho mai dimenticata.

http://www.youtube.com/watch?v=GS7nIrsuicA&feature=related

Fu allora che decidemmo che era arrivato il nostro turno, dovevamo fare la nostra ricerca: salvare dall’oblio la musica delle nostre parti. Dopo tutto avevamo un registratore.

Facciamo un passo indietro, questo per capire perché il pomeriggio del giorno di Natale del 1966, dopo la gran mangiata, decidemmo d’andare alla bottega della Montagna. Fu la nostra prima gran sortita.

Negli anni trenta venne pubblicata una rivista, credo trimestrale, “L’Alta Valle del Tevere”,  in qualche maniera simile all’attuale “Pagine Altotiberine”. La pubblicazione della rivista cessó con l’avvento della guerra. Mio padre aveva conservato tutte le copie del “L’Alta Valle del Tevere” (a suo tempo donai questa collezione alla biblioteca comunale del Borgo). Quando fui grande abbastanza, negli anni cinquanta, cominciai a leggere qua e lá queste riviste. Per me furono sorgente di scoperte preziose di storia e tradizioni locali.

Ricordo un articolo, di Angiolo Mariucci, il nonno di Paolo, sulla tradizione della “Befania” alla Montagna. Purtroppo non ne ricordo i dettagli, solo mi sembra che Mariucci giá negli anni trenta pensava che questa tradizione di cantare di casa in casa, la vigilia della Befana, era giá alla fine. I Befani, allora ce n’era uno che suonava il violino, scendevano dalla Montagna, lungo la valle dell’Afra, e si avventuravano fino quasi a Porta Romana. Suonavano e cantavano la storia di Gesu’ e della visita dei Re Magi, facendo la questua in denaro ed in cibo, che poi avrebbero usato per varie funzioni religiose alla Montagna. Il Mariucci con l’aiuto d’un maesto di musica trascrisse la musica di questo canto tradizionale. Lo rattristava il fatto che la tradizione del violino stava finendo per esser sostituita dall’organetto.

Proprio il ricordo di quell’articolo scritto 30 anni prima, mi aveva fatto pensare che se andavamo alla bottega della Montagna avremmo forse trovato informazioni sulla tradizione dei canti della Pascuccia Befania. Quella che chiamavano la bottega era il luogo di raduno di questa piccola comunitá sperduta negli Appennini, su alla fine  della stretta valle dell’Afra. C’era la mescita del vino, mi sembra fosse anche l’appalto per sale e tabacchi e c’era la cabina telefonica.

Quando arrivammo c’era poca gente, e quando ci videro entrare con il registratore furono subito molto sospettosi. Leonardo aveva portato la ghitarra. Quando cominciammo a far domande sulla vecchia tradizione sembravano sempe più refrattari a darci risposte. Fu allora che pensai che forse sarebbe stato meglio presentarci, non solo dire i nostri nomi, ma chi erano i nostri. Appena dissi loro che mio nonno era Luigi Braganti, sensale e fattore ed era stato meglio conosciuto come il Barbino, cambiarono subito. La loro accoglienza da fredda e sospettosa divenne calorossima. All’inizio erano solo un po’ timidi. Chi diceva che non sapeva cantare, chi che non si ricordava e poi menzionavano nomi di altra gente. “Se c’era …. lui si che s’arcorda de tutto” In ogni modo ci cantareno alcune filastrocche, delle storie in ottava rima. E ci esibimmo nei nostri cori goliardici per riscaldare l’ambiente. Infine fu deciso che saremmo tornati la sera dell’ultimo dell’anno e che loro avrebbero invitato altre persono e che ci avrebbero cantato la “Befania” e molte altre canzoni e stornellate. E cosi fu. Quando arrivammo la sera del 31 dicembre la bottega era piena di gente, ma anche noi la-befania-1aeravamo aumentati, avevamo convocato un gruppo di amici, e Piero Acquisti fece le fotografie. Uno mi portó la copia scritta della storia della nascita di Gesù, di cui ho allegato la prima pagina.  Fu una serata indimenticabile di canti, di stornelli e di vecchie storie e di salsiccie, castagne arrosto e di tanto vino. E noi registrammo tutto.

Interessante fu la disputa fra due anziani, purtroppo non ne ricordo i nomi, mi sembra che uno si chiamava Sbragia. Secondo uno c’era una sola “Pascuccia Bafania” quella che veniva suonata e cantata col la musica “vera” tradizionale della Montagna. L’altro invece sosteneva che la musica della seconda era migliore. Al che il primo cominciava a protestare che la musica non era autentica, era quella che gli Abichini (i residenti d’Aboca) usano per cantare “il Maggio”. Per lui era vera eresia. Convincemmo qualcuno a cantarci il Maggio degli Abichini; é quello che finisce con:

“… la mi’ troia m’ha figliato e m’ha fatto sette baghini,

sette bianchi e sei nerini,

ecco ‘l maggio degli Abichini!”

Una donna anziana con la voce simile ad una di quelle aveva lavorato con Dario Fo, ci cantó diverse storie in ottava rima ed una era basata su un fatto di cronaca locale, penso degli anni venti. Un uomo della zona aveva ammazzato la moglie ed il suocero (mi sembra) con un’ascia e poi era fuggito. Fu proprio sentendo questa che appresi che era stato il carabiniere Ciuchi (’l mi’ zi’ Nello) quello che aveva trovato ed arrestato l’assassino che si era nascosto nella Reglia.

Un anno dopo, la mattina dell vigilia della Befana 1968, uno dei miei cugini Ciuchi del Fossatone mi telefonò: “Vieni, vieni subito! Ci sono i Befani della Montagna che suonano e cantano di casa in casa, sono scesi fino alla Basilica”. Subito con Paolo corremmo, registratore alla mano, e ci fu facile trovarli. Registrammo dal vivo una vera Befania, mi sembra che la suonavano con la fisarmonica la musica eretica d’Aboca. Uno di loro mi disse che era stato proprio il nostro interesse dell’anno prima che li avava stimolati a riprendere la tradizione.

1966-12-31 Sbragia de la Montagna

 

Continuammo le nostre ricerche e proprio una mia lontana parente, l’Adalgisa di San Gilio ci raccontó, lei non cantava, in dialetto diverse storie boccacesche con mariti vecchie e cornuti, spose giovani sveglie e vivaci, preti e frati avidi e birichini che alla fine finivano sempre nei guai. M’arcordo una sera memorabile quando ci ne raccontó tante che finimmo il nastro, e tutto mentre si mangiava castagnole e si beveva canaiola.

Poi nell’estate del ’68 venne a trovarci un amico d’Arezzo, che aveva saputo della nostra ricerca e ci chiese se poteva fare copia delle nostre registrazioni. Le avrebbe usate per scrivere un libro sulla musica folkloristica della provincia d’Arezzo. Paolo gli diede i nastri. Il libro, per quanto ne sappia, non fu mai scritto e i nastri non li abbiamo più visti.

Colpa anche nostra, perché non siamo seriamente andati a ricercarli.

Paolo per fortuna aveva copiato alcuni pezzi, incluso quello con la fisarmonica, su una cassetta, recentemente con l’aiuto d’un amico l’ho digitalizzata.

Ma chi l’avrebbe mai detto: la Befania é in mp3.

 

Mi é stato detto che la tradizione continua ancor oggi e questo mi fa contento. Ho poi anche appreso che la tradizione dei Befani nella zona non era limitata a quelli della Montagna, infatti c’era un altro gruppo di San Martino Val D’Afra molto attivo e questo me l’ha detto la Laura che mi ha parlato con amore ed orgoglio del su’ babbo suonatore di fisarmonica. 

 

Ecco i Befani della Montagna, l’anno scorso alla Coop di Sansepolcro

http://www.youtube.com/watch?v=nPHzmsgMr_c

 

 Poi ho scoperto che ci sono i Befani con le loro Befane anche a Pieve Santo Stefano:

http://www.youtube.com/watch?v=oZUeiwZ2M60

 

 5 gennaio 2009 (giorno tradizionale della Befania), Marblehead, MA USA                   

                                                                   

I  vostri commenti e correzioni a possibili inesattezze, scherzi della memoria, saranno apprezzati. Assieme possiamo ricostruire questo grande mosaico borghese. Mi raccomando, scrivete!

 Fausto Braganti      

 

ftbraganti@verizon.net

Facebook: Fausto Braganti

Skype:       Biturgus (de rado)

Una Risposta to “040 M’Arcordo… io, la musica e…i Befani de la Montagna.”

  1. Fausto Braganti Says:

    5 gennaio 2013
    questo il commento di:
    Donatella Zanchi
    Caro Fausto, anche a me ,quando ero bambina mi fu raccontata la storia della Befana, così come era celebrata dai Befani delle frazioni .Era una storiella cantata che , da grande, dopo alcune ricerche seppi essere differente da luogo a luogo, con citazioni di nomi degli abitanti della frazione stessa.L’unica frase comune era:- La befana di quest’anno, l’han vestita meglio di anno, l’han vestita con lo scopo di poterla maritare….La befana, in genere era una donna del luogo che era rimasta vedova o zitella e veniva proposta in moglie a qualche uomo solo o vedovo anche lui. Pertanto ogni anno cambiavano i nomi ma non la musica . Io ,in memoria di questa antica ,bellissima tradizione etno-antropologica , l’ho riproposta alla cena degli Auguri tenuta dai Lions al Borgo Hotel la sera del 22 Dicembre. Il testo che ho scritto è stato recitato e cantato dagli attori del teatro popolare che proponevano ad alcuni soci del club la loro befana in sposa. Grandi risate, grandi apprezzamenti e successo pieno. Un caro saluto Donatella

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